3 Fenomeni luminosi

3.1 La riflessione

Qualche volta ti sarà successo di essere abbagliato da un raggio di luce che rimbalza su una superficie lucida e viene deviato verso i tuoi occhi. Magari avrai anche provato, con uno specchietto, a far deviare i raggi luminosi per colpire un determinato punto e avrai notato che, per ottenere l’effetto desiderato, hai dovuto inclinare in modo particolare lo specchietto. Il fenomeno è la riflessione della luce: avviene quando la luce colpisce una superficie riflettente e viene rinviata indietro seguendo precise leggi.

A quali leggi obbedisce la riflessione?
Puoi analizzare il fenomeno con una torcia schermata da un cartoncino nero in cui si pratica un foro, uno specchio e un goniometro, lo strumento della geometria che serve per misurare gli angoli. L’esperimento si esegue al buio. Osserva le illustrazioni: tenendo la torcia radente al piano del tavolo, e dirigendo il raggio di luce verso lo specchio, nel punto centrale del goniometro, vedrai comparire un altro raggio di luce che si allontana dallo specchio. Il raggio che colpisce la superficie dello specchio è detto raggio incidente; il raggio che torna indietro è detto raggio riflesso (13 ). Se il raggio incidente è diretto in modo perpendicolare allo specchio, il raggio riflesso ripercorre la stessa “strada” nella stessa direzione; se il raggio incidente è inclinato di un certo angolo rispetto alla perpendicolare allo specchio, il raggio riflesso cambia direzione e forma anch’esso lo stesso angolo (14 ). La situazione si può schematizzare con il disegno (15 ), dove i^ è l’angolo di incidenza ed r^ è l’angolo riflesso.


Se si ripete l’esperimento variando l’angolo d’incidenza, si vede che l’angolo riflesso varia nello stesso modo. 
La riflessione della luce obbedisce quindi a due leggi. 
Prima legge: il raggio incidente, la perpendicolare alla superficie nel punto di incidenza e il raggio riflesso appartengono tutti allo stesso piano. 

Seconda legge: l’angolo di incidenza i^ e l’angolo di riflessione r^ hanno la stessa ampiezza. 

Se la luce che colpisce la superficie riflettente non è un unico raggio ma un fascio di raggi paralleli, i raggi riflessi seguono le stesse leggi e vengono riflessi tutti paralleli tra loro (16 ).

3.2 La rifrazione

Nella fotografia i piedi e la parte delle gambe immersa nell’acqua appaiono deformati. Un pennello immerso in un bicchiere pieno d’acqua appare spezzato nel punto in cui incontra la superficie dell’acqua. Il fenomeno è la rifrazione, che avviene quando la luce passa da un corpo trasparente a un altro, pure trasparente ma di diversa densità; negli esempi l’aria e l’acqua. Il fascio di luce cambia direzione, viene deviato, quando incontra la superficie di separazione tra i due corpi.


A quali leggi obbedisce la rifrazione?
Si può studiare la rifrazione illuminando l’acqua di una vaschetta con un raggio di luce ottenuto nel solito modo. Il raggio diventa più evidente se l’acqua viene colorata con un po’ di latte; l’esperimento viene condotto al buio.

Osserva le illustrazioni:

- il raggio proveniente dalla torcia (raggio incidente) viene diretto dall’alto verso il basso in modo che cada obliquamente sulla superficie dell’acqua (17 ). Anche a occhio, senza misurare gli angoli, si vede che il raggio che si propaga nell’acqua (raggio rifratto) ha una inclinazione diversa, è più verticale rispetto al raggio incidente; 
- il raggio incidente viene diretto applicando la torcia nel fondo della vaschetta, dal basso verso l’alto (18 ). Il raggio rifratto che si forma nell’aria ha anche in questo caso una inclinazione diversa da quella del raggio incidente che si propaga nell’acqua, è meno verticale. 

Le due situazioni possono essere schematizzate nei disegni seguenti, che rappresentano il piano immaginario che contiene la perpendicolare alla superficie dell’acqua (p) e i due raggi, incidente e rifratto.

Gli angoli i^ (di incidenza) ed r^ (di rifrazione) non hanno la stessa ampiezza; in particolare, quando il raggio di luce passa dall’aria all’acqua (19 ), si avvicina alla perpendicolare, quindi l’angolo di rifrazione diminuisce; succede il contrario se il raggio di luce passa dall’acqua all’aria (20). Il fenomeno si spiega pensando che i due corpi, aria e acqua in questo caso, hanno diversa densità e che la velocità di propagazione della luce è più bassa nei corpi più densi: passando da un corpo all’altro la luce cambia velocità e suoi raggi vengono rifratti. La rifrazione è dunque regolata da due leggi: 

Prima legge: raggio di incidenza, raggio di rifrazione e perpendicolare alla superficie di separazione sono sullo stesso piano. 

Seconda legge: se un raggio passa da un corpo meno denso a uno più denso, il raggio rifratto si avvicina alla perpendicolare (p) e l’angolo di rifrazione è minore di quello d’incidenza; se un raggio passa da un corpo più denso a uno meno denso, il raggio rifratto si allontana dalla perpendicolare (p) e l’angolo di rifrazione è maggiore dell’angolo d’incidenza.

3.3 La dispersione

La luce visibile del Sole appare di colore bianco, perciò si potrebbe pensare formata da un solo colore, eppure, se vedi l’arcobaleno, ti accorgi che la luce viene scomposta nei sette noti colori: rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto. Tali colori, nel loro insieme, costituiscono quello che si chiama spettro solare del visibile e il fenomeno che lo mette in evidenza è detto dispersione della luce.


Come si può spiegare la dispersione della luce?
Newton, nel 1666, studiando la rifrazione, riuscì per la prima volta a scomporre la luce nei sette colori in laboratorio: utilizzò un prisma di vetro a base triangolare come quello che vedi nella figura seguente. Il raggio di luce bianca, nell’attraversare il prisma viene rifratto due volte, la prima entrando, la seconda uscendo. Le sette radiazioni, che sono onde elettromagnetiche con lunghezza d’onda diversa, sono costrette a separarsi e a percorrere direzioni diverse perché ciascuna subisce una rifrazione diversa: la radiazione più deviata è quella con minore lunghezza d’onda, che corrisponde al violetto, quella meno deviata è quella con maggiore lunghezza d’onda, che corrisponde al rosso. Osservale nell’illustrazione 21 a pagina a fianco.

L’occhio umano percepisce ogni variazione di lunghezza d’onda come una variazione di colore. Nel fenomeno naturale dell’arcobaleno, la dispersione della luce avviene grazie alla rifrazione operata dalle goccioline d’acqua sospese nell’atmosfera dopo un temporale. Lo spettro della luce solare, oltre alle radiazioni visibili, comprende anche radiazioni invisibili all’occhio umano: l’ultravioletto, costituito da onde elettromagnetiche di lunghezza d’onda minore del violetto, e l’infrarosso, con lunghezza d’onda minore della radiazione rossa. Come sai, i raggi ultravioletti sono i responsabili del fenomeno dell’abbronzatura o delle “scottature” solari; i raggi infrarossi sono invece associati alla trasmissione del calore.

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La luce del Sole può essere scomposta nei sette colori visibili (rosso, arancio, giallo, verde, azzurro, indaco e violetto) e comprende anche radiazioni invisibili all’occhio umano: l’ultravioletto e l’infrarosso.

3.4 La diffusione e l’assorbimento: i colori

Ogni volta che un corpo opaco con una superficie ruvida, non riflettente, viene colpito dalla luce, il fascio di luce può rimanere “intrappolato” completamente o in parte: si hanno i fenomeni dell’assorbimento e della diffusione della luce. Non devi confondere la diffusione con la riflessione: nella diffusione la luce viene rinviata in ogni direzione, senza seguire una precisa legge.

Che cosa causa l’assorbimento e la diffusione della luce?
Tre dischetti, uno di colore rosso, uno di colore nero e uno di colore bianco, vengono colpiti da un raggio di luce bianca.


Nei disegni la luce bianca è scomposta nelle sette radiazioni corrispondenti ai sette colori.
- Il dischetto della figura 22 appare di colore rosso perché assorbe tutte le radiazioni tranne quella rossa che diffonde.
- Il dischetto della figura 23 appare di colore nero perché assorbe tutte le radiazioni luminose.
- Il dischetto della figura 24 appare di colore bianco perché diffonde tutte le radiazioni luminose.

L’assorbimento e la diffusione della luce determinano quindi la visione dei colori: un corpo colorato assorbe tutte le radiazioni, tranne quelle che vengono diffuse e ne determinano il colore; i corpi neri assorbono tutte le radiazioni e i corpi bianchi le diffondono tutte. Nei corpi trasparenti incolori nessuna radiazione viene assorbita; essi lasciano passare tutte le radiazioni (25). Se il corpo trasparente invece è colorato, si lascia attraversare solo dalla radiazione del colore corrispondente (26).

Ma i colori sono solo sette?
Se osservi i colori delle matite da disegno o dei pennarelli ti puoi rendere conto che ne esiste una quantità decisamente superiore ai sette colori delle radiazioni visibili. Un corpo infatti può diffondere più di una radiazione luminosa dando origine a una grande varietà di colori composti, sfumature e toni diversi. Le radiazioni rossa, blu e verde, sono dette fondamentali o primarie perché sono quelle a cui sono sensibili le cellule recettrici dell’occhio umano; possono essere mescolate tra loro e originare gli altri colori. Se si proiettano infatti i tre fasci di luce su uno schermo nero si vedono comparire il magenta, il ciano e il giallo, chiamati colori secondari. Il bianco si ottiene dalla somma delle tre radiazioni fondamentali o primarie.


Questo tipo di mescolanza di colori è detto sintesi additiva ed è usata nei dispositivi che riproducono i colori come i monitor dei computer o dei televisori, le telecamere e alcuni tipi di stampa a colore. Se osservi un monitor con una lente di ingrandimento osserverai che i colori sono costituiti da puntini (pixel) molto vicini tra loro di colore rosso, verde o blu che, combinati tra loro in diversi modi danno tutti i colori (27 ).

27 Il particolare molto ingrandito di una fotografia mostra i pixel che formano l’immagine.

Se si sovrappongono i colori secondari a due a due, si ottengono di nuovo i colori primari (28). Se si sovrappongono tutti e tre i colori secondari si ottiene il nero. Questo tipo di mescolanza è detta sintesi sottrattiva perché in pratica si “toglie luce” ai colori. Il fenomeno della sintesi sottrattiva è sfruttato da pittori e disegnatori quando mescolano tinte e pastelli ed è usato nella maggior parte delle pellicole fotografiche e negli inchiostri di stampa.

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La rifrazione atmosferica

L’atmosfera è formata da una serie di strati d’aria di densità decrescente dal basso verso l’alto. Aumentando la densità, aumenta anche la rifrangenza dell’aria; perciò la luce di una stella subirà deviazioni a ogni strato d’aria che incontra. L’immagine della stella ti apparirà in un punto diverso da quello in cui si trova realmente il corpo celeste. Solo una stella allo zenit, ossia dritta sopra la tua testa, ti apparirà nell’esatta posizione. 

A causa della rifrazione atmosferica, le stelle appaiono più alte sull’orizzonte e il Sole si vede spuntare due minuti prima e tramontare due minuti dopo rispetto a quanto accade nella realtà; per lo stesso motivo le montagne sembrano più alte di quel che sono e una nave lontana sembra un po’ sollevata rispetto alla superficie del mare. Se gli strati di aria più in alto sono più caldi (e perciò meno densi) di quelli in basso, può accadere che i raggi provenienti da una nave sul mare subiscano una riflessione totale. 
In questo caso, si vede l’immagine sospesa nell’aria e capovolta della nave. Questo fenomeno è conosciuto con il nome di fata Morgana e in particolari condizioni atmosferiche si verifica nello stretto di Messina ma anche d’estate sull’asfalto di una strada. 

In zone desertiche molto calde, l’aria immediatamente a contatto con il suolo è meno densa di quella che si trova poco più in alto, perché la sabbia, essendo ad altissima temperatura, la riscalda maggiormente. Pertanto un oggetto illuminato, per esempio una palma, può dare luogo a due immagini: l’osservatore vedrà oltre alla palma, anche la sua immagine capovolta, sbiadita e tremolante come se fosse riflessa in uno specchio d’acqua. Questo fenomeno prende il nome di miraggio.