8 Il genere Homo

Quando comparvero i primi rappresentanti del genere Homo? Quali furono?

8.1 L’Homo habilis

Nel 1964, a Olduvai (Tanzania), lo studioso Louis Leakey scoprì alcuni resti di ominidi vissuti da 2,3 a 1,5 milioni di anni fa. Confrontati con gli australopitechi, questi ominidi presentavano parecchie differenze: avevano il viso meno sporgente, il mento più corto, i denti più piccoli, il naso meno pronunciato e una maggiore capacità cranica (650 cm3). Questi resti fossili vennero classificati nella specie Homo habilis. Nel 2013 nella regione di Afar, in Etiopia, sono stati trovati dei resti fossili di mandibole dell’Homo habilis datate 2,8-2,75 milioni di anni. Questa scoperta ha stabilito quindi che i primi rappresentanti del genere Homo erano già sulla Terra 500.000 anni prima. Con il genere Homo inizia la Preistoria, periodo della storia che precede le prime testimonianze scritte lasciate dall’uomo e del quale è impossibile stabilire la durata. Grazie a calchi di gesso, gli scienziati hanno potuto risalire, a grandi linee, alla forma del cervello; si è visto allora che l’emisfero sinistro degli appartenenti al genere Homo era più sviluppato di quello degli australopitechi e poiché nell’uomo l’emisfero sinistro è sede del linguaggio, si può supporre che l’Homo habilis fosse capace di comunicare emettendo pochi e semplici suoni. Accanto ai resti fossili sono stati ritrovati semplici utensili di pietra e tracce di rudimentali strutture abitative; l’Homo habilis era dunque capace di progettare e costruire strumenti, anche se molto semplici.

8.2 L’Homo erectus

Alcune forme di Homo habilis, circa 1,8 milioni di anni fa diedero origine alla specie Homo erectus. L’Homo erectus aveva capacità cranica di circa 1000 cm3 e possedeva denti di forma simile a quelli dell’uomo moderno (22). Era capace di fabbricarsi attrezzi, di costruirsi ripari sotto la roccia e di controllare il fuoco. È probabile che l’Homo erectus abbia fatto del focolare un centro di vita sociale, riunendosi attorno al fuoco con i compagni per scambiare esperienze o per organizzare la vita del gruppo. Ciò ha favorito lo sviluppo del linguaggio e la nascita di nuove e complesse facoltà psichiche. La scoperta del fuoco e probabilmente i ponti di terra formatisi per il ritiro delle acque del mare durante la prima glaciazione avrebbero inoltre favorito la migrazione dell’Homo erectus verso l’Oriente e verso l’Europa, dove sarebbe giunto circa 800.000 anni fa. Molti studiosi ipotizzano che da queste popolazioni di migratori si siano differenziate altre specie delle quali si sono ritrovati resti fossili: l’Homo antecessor e l’Homo heidelbergensis, che visse in Germania, Francia, Grecia e Spagna fino a 300.000 anni fa.

8.3 L’Homo neanderthalensis

Nel 1856, in una cava della valle di Neander (Germania) sono stati trovati una calotta cranica e poche altre ossa che furono attribuite alla specie Homo neanderthalensis e furono datate a un periodo compreso fra 100.000 e 30.000 anni fa. L’uomo di Neanderthal aveva una capacità cranica variabile da 1300 a 1600 cm3, arti molto robusti e perfettamente adattati all’andatura bipede. Questo gruppo di ominidi, che occupò l’Europa durante l’ultima glaciazione, costruiva villaggi in posizione elevata e seppelliva i morti. Alcuni scheletri sono stati rinvenuti in fosse scavate nel pavimento delle grotte, con le gambe raccolte al petto. Corna e ossa di animali, fiori e conchiglie disposti con cura attorno agli scheletri dimostrano che i neanderthaliani possedevano una primitiva coscienza religiosa. L’analisi dei pollini ritrovati nelle sepolture ha dimostrato che essi appartengono a una flora di clima freddo ma simile all’attuale. I neanderthaliani erano abili cacciatori e costruttori di utensili, come raschiatoi, punte, pugnali, aghi. Oggi si ritiene che abbiano convissuto in Europa con l’uomo moderno e che si siano estinti molti anni dopo senza lasciare discendenza. Si pensa che la causa di tale evoluzione sia stata determinata proprio dall’arrivo dell’uomo moderno, più adatto alle condizioni ambientali che andavano cambiando con la fine del periodo glaciale.

8.4 L’Homo sapiens

L’uomo moderno, Homo sapiens, secondo l’ipotesi di molti studiosi avrebbe avuto un’origine africana, deriverebbe cioè da una specie vissuta in Africa 200.000 anni fa e migrata poi in tutto il mondo. Grazie alle ricerche svolte sul DNA delle popolazioni europee attuali, oggi si sa che i più antichi sapiens europei arrivarono in Spagna 38.000 anni fa. Nel 1868 a Cro-Magnon, presso una località della Francia sud-occidentale, si sono ritrovati i primi fossili di uomo moderno denominato Homo sapiens sapiens. I resti fossili dimostrano che aveva una capacità cranica variabile da 1400 a 1799 cm3, che sapeva costruire strumenti in pietra levigata, aghi per cucire e riprodurre scene della propria vita mediante incisioni rupestri, segno di una vera espressione artistica (23). L’evoluzione del linguaggio rese possibile la trasmissione delle esperienze da una generazione all’altra e la nascita della cultura.

23 Nelle grotte di Lascaux, nella Francia sud-occidentale, si trovano esempi di opere di arte parietale risalenti a circa 17.500 anni fa.

Inizialmente cacciatore e raccoglitore di frutti, l’Homo sapiens sapiens divenne ben presto allevatore e agricoltore e si costruì abitazioni usando pietre, rami e pelli. La necessità di vivere in gruppo lo portò a organizzare i primi villaggi scegliendo luoghi elevati, naturalmente protetti e vicini ai corsi d’acqua, mentre nelle zone paludose eresse le prime palafitte; questo favorì lo sviluppo di una vita sociale via via più complessa.

È possibile ricostruire l’albero genealogico degli ominidi?
In base allo studio dei resti fossili degli ominidi, alle recenti indagini sul DNA delle popolazioni attuali e sui frammenti di DNA recuperati dai resti fossili, è possibile ricostruire l’albero genealogico delle specie fossili e dell’uomo moderno (24). Tuttavia, ancora oggi, la storia dell’evoluzione biologica e culturale dell’uomo è oggetto di ricerca e studio.

24 Albero genealogico degli ominidi.

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Le popolazioni umane

L’unica specie vivente della famiglia degli ominidi è quella dell’Homo sapiens sapiens. Eppure è facile accorgersi che, nell’ambito di questa specie, vi sono individui con caratteristiche diverse, appartenenti perciò a gruppi diversi. Come si è evoluto l’uomo attuale? Come si sono formati i vari gruppi etnici, cioè le varie popolazioni?
Secondo alcuni studiosi, l’uomo attuale deriva da un unico ceppo comparso in una certa zona della Terra; secondo altri, deriva invece da ceppi diversi comparsi più o meno nello stesso periodo in vari luoghi della Terra. Sembra ormai universalmente accettata la prima di queste teorie: la culla dell’umanità è stata l’Africa centroorientale e da lì l’uomo è emigrato per popolare gli altri continenti.
Quello che l’Homo sapiens sapiens è diventato oggi è il risultato di millenni di selezione naturale. Il primo passo sarebbe stato la perdita di gran parte dei peli corporei: quando, circa 2 milioni di anni fa, gli ominidi hanno lasciato le foreste per popolare l’ambiente aperto della savana, è diventato importante raffreddare il corpo attraverso un efficiente processo di sudorazione, facilitato da un aumento delle ghiandole sudoripare e dall’assenza di peli.
Un altro importante passo sarebbe stato la differenziazione dei vari colori della pelle, per adattarsi alle diverse quantità di raggi ultravioletti presenti nelle varie zone della Terra. 
Probabilmente i primi uomini avevano la pelle scura, ricca di melanina, perfettamente adatta alle forti radiazioni solari tipiche del continente africano.
Per le popolazioni migrate in Europa e in Asia, il carattere “pelle scura” avrebbe costituito uno svantaggio perché impediva di far arrivare all’interno del corpo la quantità di raggi ultravioletti necessari alla sintesi della vitamina D, fondamentale per fissare il calcio nelle ossa e assicurare uno scheletro sano e robusto. A queste latitudini, dove l’insolazione è minore, furono avvantaggiati gli individui che presentavano la pelle più chiara.
Al giorno d’oggi i fattori ambientali che hanno dato origine alle differenze tra le varie popolazioni umane hanno perso la loro importanza, grazie anche all’aumentata possibilità di interscambi facilitati dai moderni mezzi di comunicazione.