LA BISBETICA DOMATA alla lezione che Caterina tiene alla altre donne nell epilogo shakespeariano (Atto V, scena II): Vergogna! Spiana quel tuo brutto e terribile cipiglio e non avventare occhiate di scherno dagli occhi, a ferire il tuo signore, il tuo re e governatore: questo sciupa la tua beltà come una gelata morde i prati, e distrugge il tuo buon nome come un ventaccio che strappa i bei germogli, e non è affatto cosa decente e graziosa. Una donna incollerita è come una fonte intorbidita, fangosa, sconcia, viscida, priva d ogni bellezza, la quale, così essendo, niuno è, per quanto arso e assetato sia, che si degni di attingervi o di toccarne pur una goccia. Tuo marito è il tuo signore, la tua vita, il tuo custode, il tuo capo, il tuo sovrano: è uno che si prende cura di te e che per mantenerti sottopone il suo corpo a penoso lavoro, sia in mare che in terra, a vegliar la notte fra le tempeste, e il giorno in mezzo al gelo, mentre tu riposi in casa al caldo, tranquilla e sicura; e non esige da te altro tributo se non amore, dolci sguardi, schietta obbedienza: troppo piccolo compenso per un debito così grande. L obbedienza che un suddito deve al suo re, la donna deve a suo marito; e quand ella è caparbia, stizzosa, imbronciata, aspra e non obbediente agli onesti voleri di lui, che cos è essa se non una ribelle infame e litigiosa, una sciagurata traditrice del suo signore che l adora? Mi vergogno che le donne siano così sciocche da offrir guerra mentre dovrebbero chieder la pace in ginocchio; che vogliano legiferare, dominare, soverchiare, quando son nate a servire, ad amare e a ubbidire. E perché sarebbero i nostri corpi molli e fragili e lisci, inadatti a faticare e penare pel mondo se non perché il nostro tenero stato e i nostri cuori debbono armonizzare col nostro aspetto esteriore? Via, via, poveri vermi insolenti e incapaci! L anima mia è stata superba un tempo come la vostra, il mio cuore così altero, e forse ancor più la mia ragione, per ribattere parola con parola, cipiglio con cipiglio: ma ora io comprendo che le nostre lance non sono che pagliucole, la nostra forza è altrettanto fragile, la nostra debolezza estrema, e meno di tutto siamo quello che pretendiamo d esser di più. Abbassate la vostra prosopopea, poiché vano è il vostro sforzo, e ponete le mani sotto i piedi di vostro marito. E in segno di questa sottomissione, se a lui piace, la mia mano è già pronta al suo cenno. (trad. Carlo Linati) 3. Inventa una storia in cui si ribaltino la parti; in cui, cioè, sia la donna a domare il bisbetico . Scheda tematica Teatro e Società pp. 294 146