consentiva di dimostrare il proprio attaccamento, il buffone, che era stato alla sua corte quando ancora Lear l aveva, (era costume dei re e dei grandi signori averne uno che li dilettasse nei momenti liberi dalle preoccupazioni di governo) gli era rimasto accanto. Il povero buffone, come era allora definito, non abbandonò Lear quando cedette la sua corona, e con i suoi motti di spirito alleviava l umore del re, sebbene non potesse trattenersi a volte dallo schernire il suo padrone per l imprudenza dimostrata nell abdicare al suo potere e nel lasciare tutto alle figlie, delle quali era solito dire, esprimendosi in rima: Di gioia improvvisa scoppiarono in pianto, ma il suo dolore proruppe nel canto, per un re ridotto a brandelli e costretto a celarsi tra i folli. Il fedele e spassoso buffone dispensava dal cuore queste battute sconnesse e questi frammenti di canzoni, di cui aveva un vasto repertorio, anche di fronte a Goneril, colpendo nel vivo con amari motteggi9 e sarcasmo: per esempio, paragonava il re al passero, che nutre i piccoli del cuculo finché essi, diventati adulti, come ricompensa, gli staccano il capo a beccate; oppure raccontava di come l asino forse sa quando il carretto tira il cavallo, alludendo alle figlie di Lear che avevano superato il padre, mentre avrebbero dovuto stargli dietro; e ancora sosteneva che Lear non era più Lear, ma solo la sua ombra. E per questa sua impudenza10, fu minacciato a volte di essere frustato. La freddezza e la mancanza di rispetto di cui Lear cominciava ad accorgersi non erano le uniche amarezze che questo padre troppo affezionato e sconsiderato doveva sopportare dall indegna figlia. Ella, infatti, giunse a dirgli chiaramente che la sua permanenza al palazzo era insostenibile, se si ostinava a mantenere la sua scorta di cento 9 motteggi: scherni, punzecchiature. 10 impudenza: sfrontatezza. 210