Così si asserragliò nel castello, le cui inespugnabili fortificazioni avrebbero messo a dura prova qualsiasi assediatore. Qui, in preda ad un umor nero , attendeva l’arrivo di Malcom, quando, un giorno, giunse un messaggero pallido e tremante per la paura, che quasi gli impediva di riferire ciò di cui era stato testimone: egli era infatti convinto di aver visto il bosco muoversi allorché aveva volto lo sguardo verso Birnam, mentre era di guardia sulla collina. “Vile bugiardo!”, gridò Macbeth. “Se dici il falso, penderai all’albero più vicino finché la fame ti finirà. Se il tuo racconto, invece, è vero mi è indifferente che tu riservi a me la stessa sorte”. La fermezza di Macbeth prese infatti a vacillare e cominciò a dubitare delle ambigue parole degli spiriti. Egli non doveva temere nulla finché il bosco di Birnam non fosse venuto verso Dunsinane, ed ora il bosco si stava muovendo. “In ogni caso”, egli aggiunse, “quand’anche ciò che il messaggero asserisce fosse vero, impugnamo le armi e usciamo allo scoperto. Sia fuggire che restare non hanno alcun senso; incomincio ad essere stanco della luce e vorrei che la mia vita giungesse al suo termine”. Pronunciate queste parole disperate, si precipitò fuori contro gli assedianti che erano ormai giunti al castello. Come il messaggero avesse potuto percepire l’immagine di un bosco che si muove è presto detto. Quando l’armata degli assedianti stava attraversando il bosco di Birnam, Malcom, da abile generale qual era, ordinò che ciascuno dei suoi soldati tagliasse un ramo e lo tenesse di fronte a sé, in modo da ingannare il nemico sulla effettiva potenza della sua armata. Marciando così nascosto dalle fronde, l’esercito, visto da lontano, aveva assunto quell’aspetto che tanto aveva terrorizzato il messaggero. In questo modo le profezie degli spiriti si avveravano, assumendo un significato diverso da quello che Macbeth aveva loro attribuito, cosicché un importante appiglio fu sottratto alla sua speranza. 30 : cfr. Amleto, n. 5 e n. 18. 30 umor nero