Dorothy Parker CHIAMATA TELEFONICA Un tempo gli innamorati lontani affidavano le loro emozioni ai messaggi scritti. Oggi siamo troppo spesso appesi a un filo, quello del telefono, per rincorrere chi ci sfugge o per aspettare una chiamata che non arriva mai. Non solo la letteratura, ma anche il cinema e il teatro hanno rappresentato spesso questa situazione (vedi La voce umana di Cocteau, 1930). Molto citato e recitato è questo monologo di Dorothy Parker (sulla cui vita è in preparazione un film), pseudonimo di Dorothy Rotschild (1893-1967), nota figura di intellettuale di sinistra nell America degli anni Venti, che aveva il dono di trovare qualcosa di cui ridere nelle tragedie degli animali umani (W.S.Maugham). Poetessa, scrittrice di commedie e di soggetti cinematografici per Hollywood, giornalista, sosteneva di aver tratto dal lavoro poetico la precisione della parola. Essa caratterizza i suoi racconti (1930, 1933, 1939), fatti conoscere in Italia nel 1941 da Eugenio Montale, traduttore illustre del testo che qui presentiamo. Sono storie fulminee, che mostrano senza pietà ipocrisie sociali e rapporti interpersonali frustranti e non di rado impossibili, narrate in uno stile scarno alla Hemingway. Il cerchio di ferro della solitudine , l attesa di una felicità che sfugge sempre, inducono l autrice a scavare in situazioni e personaggi che riflettono non solo la sua vita tormentata, ma tutta la società newyorkese del suo tempo. da Il mio mondo è qui, Milano, Bompiani, 1984 trad. di Eugenio Montale 177