William Gibson LA STANZA DI SKINNER Il tema della crisi e del collasso delle società industriali a tecnologia avanzata, a cui si ispira il racconto, è uno dei punti di riferimento fondamentali della cultura cyberpunk, che trae buona parte del suo fascino dalla prefigurazione di una postmodernità in cui le strutture tecnocratiche convivono con vaste fasce di emarginazione e con fenomeni di regressione di massa a una fase preindustriale. Come accade sempre nella buona fantascienza (e, in generale, nella buona letteratura) i prodotti della più fervida e libera immaginazione non si propongono come gratuite evasioni, ma sono sempre proiezioni di fenomeni in atto di cui lo scrittore sa interpretare, spesso con intuizione geniale, le potenzialità nascoste. William Gibson, nato negli USA nel 1948, vive attualmente in Canada dove si rifugiò nel 1968 come obiettore contro il servizio militare nel Vietnam. Cominciò alla fine degli anni 70 a scrivere i suoi primi racconti di fantascienza, poi riuniti nella raccolta La notte che bruciammo Chrome (1986), in cui erano già evidenti i caratteri innovativi di un ispirazione fortemente suggestionata dalle nuove tecnologie informatiche e dalla crisi irreversibile della società industriale. Con il romanzo Neuromante (1984) Gibson dà vita a un inquietante prefigurazione del futuro prossimo, in cui elementi avventurosi e ribellistici tratti dalla tradizione romantica si uniscono a fantastiche estrapolazioni della realtà contemporanea per comporre un complesso mosaico di vita urbana, ormai del tutto scissa da ogni compionente naturale. Benché Gibson non abbia mai rivendicato la paternità della tendenza cyberpunk, essa gli è stata concordemente attribuita da pubblico e critica, che dopo il successo di Neuromante hanno accolto con favore anche gli altri due romanzi del ciclo, Giù nel ciberspazio (1986) e Monna Lisa Cyberpunk (1988). da WILLIAM GIBSON, La stanza di Skinner, in Cyberpunk, Editrice Nord, 1994, titolo originale Skinner s Room, traduzione Nicola Fantini 295