LEGGERE E CAPIRE APPROFONDIMENTI Il preoccupante fenomeno del doping (dal verbo inglese to dope, “stimolare”, “eccitare”) ha coinvolto oramai tutti gli sport, con punte particolarmente elevate nel ciclismo e nell’atletica leggera. I provvedimenti disciplinari presi dalle varie federazioni a livello nazionale e internazionale (squalifiche, multe, radiazioni) sembrano non costituire un motivo sufficiente di dissuasione per quegli atleti che decidono di migliorare in modo non regolamentare le loro prestazioni. Il problema nasce fondamentalmente da una situazione di ambiguità e di incertezza sulla definizione di doping: dato che è impensabile proibire l’assistenza medica e farmacologica nella pratica sportiva, occorre stabilire fino a che punto la scienza può spingersi nell’aiutare la performance dell’atleta senza sconfinare nell’illecito. E qui, il campo è talmente vasto e i punti di vista talmente vari che risulta estremamente difficile imporre delle regole certe. Di questa oggettiva difficoltà da parte degli organismi dirigenti dello sport approfittano trafficanti che, facendo leva sull’ambizione degli atleti e sul loro interesse di professionisti a vincere e a guadagnare, li inducono a usare (spesso con l’assistenza di medici senza scrupoli) sostanze non sufficientemente sperimentate o sicuramente dannose per la salute. Va detto, per chiarezza, che la tentazione di migliorare artificialmente le prestazioni è stata sempre presente nel mondo dello sport professionistico, soprattutto nelle discipline basate sullo sforzo prolungato come il podismo e il ciclismo: in questo racconto, per esempio, si fa riferimento alla simpamina, una sostanza eccitante (come l’efedrina, la benzedrina e le anfetamine in genere) in passato molto diffusa nel mondo del ciclismo; assunti senza adeguata assistenza medica e fuori da ogni controllo, questi prodotti risultavano estremamente pericolosi e potevano provocare gravissime crisi cardiache con effetti mortali (come dimostra il tragico caso del corridore inglese Simpson, deceduto durante una tappa del Tour de France del 1962). Questi sistemi “artigianali” sono stati sostituiti da pratiche dopanti sempre più avanzate e sofisticate, via via che la medicina sportiva e la farmacologia scoprivano sostanze nuove dagli effetti “miracolosi”, come i prodotti anabolizzanti, in grado di aumentare in modo rapido e massiccio la massa muscolare dell’atleta, i prodotti cortisonici, quelli anfetaminici, fino ad arrivare all’”ultimo grido” nel campo del doping, la famigerata “eritropoietina” (in sigla, Epo), la cui assunzione determina un forte incremento della quantità di globuli rossi con il conseguente aumento dell’ossigenazione e, quindi, della prestazione atletica. Il doping