Probabilmente, oltre a una storica arretratezza della società italiana rispetto ai grandi temi della modernità, ha influito su questa sottovalutazione il fondamentale idealismo della nostra cultura, sempre attratta dalle grandi questioni dello spirito e poco interessata, o addirittura ostile, a quella “cultura del corpo” così viva, invece, nel mondo anglosassone. Bisogna anche aggiungere, per inciso, che i veri cantori dello sport non vanno tanto ricercati fra i romanzieri e i poeti, quanto fra i giornalisti sportivi: sono loro che hanno accompagnato ed esaltato le imprese dei campioni, a loro si deve in buona parte, prima dell’avvento della televisione, la elaborazione e la diffusione dei miti sportivi a livello di massa. In questo settore, la tradizione italiana è tra le più importanti: basti pensare a nomi come quello di Emilio de Martino, Bruno Roghi, Orio Vergani, Beppe Viola, Gianni Brera, che hanno fatto la storia del giornalismo sportivo italiano insieme a scrittori prestati al giornalismo come Giovanni Arpino, Luciano Bianciardi, Mario Soldati. Nel panorama letterario attuale, caratterizzato dalla crisi dei generi e dalla scomparsa o dall’attenuarsi delle rigidità che separavano la letteratura “alta” da quella popolare e dal giornalismo, l’ostracismo nei confronti dello sport sembra (fortunatamente) in via d’estinzione anche da noi: attendiamo con fiducia che uno scrittore italiano scriva finalmente, con passione, competenza e convinzione, una grande storia di sport. Nel frattempo, contentiamoci di quello che abbiamo, che dopo tutto non è poco: scrittori come Calvino, Berto, Rea, Soldati, Benni, ospitati insieme a grandi autori stranieri in questa antologia, testimoniano che, adeguatamente motivati e ispirati, anche gli italiani sanno produrre avvincenti pagine di narrativa sportiva.