Nell’intervallo prima dell’ottava, zio Mike si arrampicò sul ring, vicino a Young Rocco. Non disse niente. Semplicemente se ne stette li a guardare per terra. Pensava che Rocco se ne fosse dimenticato. Aveva avuto quattro occasioni per non rialzarsi, e non ne aveva approfittato neanche una volta. Rocco alzò gli occhi. “Ho le idee chiare, chiare come il gong” disse a zio Mike. Non si era dimenticato un accidente. Zio Mike tornò giù al suo posto, rassegnato a qualunque cosa potesse succedere. Lui vedeva le cose meglio di Young Rocco. Rocco non era capace di starsene fermo al tappeto, finché le ginocchia potevano tenerlo su. Zio Mike sospirò. Dopotutto, Young Rocco gli andava a genio. Per una ragione o per l’altra, adesso non lo compiangeva più come gli era successo quel giorno in palestra. “Spero che ce la farà” gli venne fatto di pensare. La folla non era dello stesso parere. Avevano visto quell’italiano smilzo e coperto di cicatrici buttare a terra il suo uomo venti volte, proprio nel modo in cui ora cercava di non farsi mettere a terra lui. Pensavano che adesso era venuto il suo turno. Stavano in piedi a godersi lo spettacolo. Per un poco la nube di polvere passò davanti agli occhi di Rocco. Una tignola stanca arrancò su verso le lampade. E la campana. Tra una ripresa e l’altra Ryan si avvicinò, gli ficcò l’indice sotto il mento e gli sollevò la testa, dopo che l’aiutante di Rocco, un negro, gli aveva fermato il sangue col collodio. Ryan borbottò qualche cosa, come per dire che la faccenda andava troppo per le lunghe. Rocco sputò. “Sotto, Solly, dagliele” qualcuno gridò attraverso le corde. Per Rocco fu come gli parlassero di quattrini. Qualcuno, laggiù in platea, doveva aver l’impressione di essere truffato.