Un lungo muggito tirò come una tenda attorno al campo. Ci allineammo dietro i pali. Sopra, nelle nuvole basse, rombò un aeroplano. “Che jella, Arthur,” tenne a dire il giovane Arnie. Osservai il piazzamento della palla, la corsa meticolosa del calciatore, lo slancio della gamba, e il minuscolo ovale che brillava silenzioso in mezzo alla pioggia e calava a parabola tra i pali. Un’eloquente esplosione della folla. Tornai indietro verso il centro, imitando quelle sagome nel campo la cui mobilità improvvisamente mi stancò. Mi vergognavo di non essere più giovane. Ci stavano respingendo sulla nostra linea di meta. Maurice rubò la palla e la schizzò indietro a Frank. Frank si scatenò contro il muro di uomini e fu buttato a terra in una nube di schizzi e di vapore sporco. Arnie ebbe lo stesso trattamento. Erano balzati dalla nostra linea un metro, due metri in avanti, e altrettanto erano stati ricacciati indietro. Frank ritentò, pompando il suo enorme corpo in avanti e soffocando un grugnito di dolore quando fu scaraventato a terra. Fece ancora un altro tentativo e, con un grido di frustrazione e di rabbia, fu atterrato, sollevato, e capovolto prima d’esser lasciato cadere sulla testa e sulle spalle. Sibilò come una macchina scassata, mentre il cranio gli si cacciava nella terra. Alla mia sinistra il capitano avversario sorvegliava la lotta dei suoi avanti. “La palla! La palla!” gridava. “Lasciate l’uomo... Pigliate quella fottutissima palla!”. Si martellava di colpi dall’impazienza. Il cuoio schioccò nelle mie mani protese. Corsi dritto sull’uomo. “Dai, Art! Dai, Art!” urlava Maurice dietro di me. 25 : spingendo con movimenti ripetuti ritmicamente. 25 pompando