LEGGERE E CAPIRE IL CONTESTO Un ambiente di uomini che si sta aprendo alle donne Lo sport, e in particolare lo sport professionistico, è tradizionalmente praticato da atleti maschi e la componente femminile, benché enormemente cresciuta rispetto al passato, è ancora oggi nettamente inferiore a quella maschile. Da questa situazione è nata una “maschilizzazione” del contesto culturale che, soprattutto in certe discipline, si fonda su valori di competizione, aggressività e uso della forza generalmente estranei o meno pronunciati nella sensibilità delle donne. È facile constatare infatti come la presenza femminile sia più consistente in quegli sport, individuali o di squadra, che escludono il contatto fisico (atletica leggera, nuoto, tennis, pallavolo, ginnastica, scherma) e che si fondano sulla destrezza più che sulla forza. Al contrario, le discipline di contatto e che richiedono un maggior impiego della forza, come l’atletica pesante, il pugilato, il rugby, il canottaggio, il ciclismo e il calcio, sono praticate quasi esclusivamente da maschi (anche se, soprattutto nelle ultime due, è in atto una crescente tendenza alla femminilizzazione). Irrilevante è inoltre la presenza delle donne negli sport motoristici. Queste rapide osservazioni permettono di trarre qualche interessante conclusione di carattere generale. In primo luogo possiamo constatare che l’esclusione delle donne dalla pratica sportiva è una ulteriore testimonianza della discriminazione esercitata storicamente nei loro confronti; è sintomatico a questo proposito che l’apparizione in massa delle donne nell’ambito sportivo sia avvenuta soprattutto a partire dalla seconda metà del Novecento, ossia nell’epoca in cui ha preso forma e sostanza la battaglia per l’emancipazione femminile e per l’uguaglianza fra i sessi. Pur considerando, com’è ovvio, positivamente questa evoluzione del costume e dei rapporti sociali, dobbiamo tuttavia tenere presente che l’uguaglianza dei diritti non comporta automaticamente la cancellazione delle differenze e dello specifico femminile e maschile: in questo senso appare legittima l’ipotesi che esistano sport “maschili” e sport “femminili”, con i relativi contesti culturali e le rispettive scale di valori che si prestano poco o per niente all’interscambiabilità fra i due sessi. Il gusto dello scontro fisico, la violenza e certi aspetti di brutalità che caratterizzano, per esempio, il contesto culturale del pugilato o del rugby, rendono poco credibile e poco sensato un coinvolgimento femminile in queste discipline (anche se i tentativi non mancano). Irrilevante appare invece l’obiezione secondo la quale lo sport praticato dalle donne sarà sempre una brutta copia di quello maschile, per l’oggettiva inferiorità di mezzi fisici di cui dispone il sesso femminile: infatti, in tutte quelle discipline in cui destrezza, agilità, prontezza di riflessi, intuito e fantasia siano più importanti della potenza e della forza fisica, le donne possono facilmente raggiungere e superare gli uomini, offrendo al pubblico prove di alto livello tecnico e spettacolare.