APPROFONDIMENTI Lo sport può essere inteso sia come semplice manifestazione di vitalità e di energie fisiche, sia come confronto e competizione. In quest’ultimo caso, che è quello di gran lunga più diffuso, è ineliminabile dalla pratica sportiva un certo quoziente di aggressività e di violenza: ciò è evidentissimo in discipline come il pugilato, il rugby e il calcio, che si basano, oltre che sulla tecnica individuale, sul confronto e sul contatto fisico; ma anche in quei casi in cui gli atleti non sono opposti fisicamente l’uno all’altro, perché gareggiano confrontando misure e prestazioni individuali, i concetti stessi di “competizione” e di “avversario” implicano un atteggiamento aggressivo e, almeno in linea di principio, violento. Le stesse considerazioni valgono anche per il pubblico, che si identifica con i protagonisti e fa proprie, moltiplicandole e potenziandole ulteriormente, le loro emozioni e la loro volontà di imporsi. Dobbiamo quindi ammettere che lo sport agonistico non può essere separato dalle connotazioni di aggressività, violenza e sopraffazione dell’avversario. Come dobbiamo valutare queste caratteristiche? La risposta è chiara: se non si verificano esasperazioni, forzature e fanatismi, si tratta di un’esperienza benefica e utile sia per gli atleti che per il pubblico. Se accettiamo infatti il principio, sostenuto oramai dalla grande maggioranza degli studiosi, che l’aggressività è parte integrante della psiche di ogni essere vivente, e quindi anche dell’uomo, appare evidente come lo sport, sottoponendo l’aggressività innata a un sistema di regole e trasformandola in un gioco, offra uno sfogo legittimo e privo di rischi a tendenze istintive che potrebbero rivelarsi socialmente pericolose. Ed è probabile che, se la pratica sportiva fosse più diffusa, sarebbe per contro molto più basso il numero degli atti di violenza che affliggono quotidianamente la nostra società. Occorre tuttavia non dimenticare che esiste, soprattutto da parte del pubblico del calcio, una interpretazione fraintesa e profondamente negativa che trasforma il fatto sportivo non in una benefica ritualizzazione della violenza, ma in violenza in senso proprio, messa in atto contro i sostenitori delle squadre avversarie. Sport e violenza