Il padrone guardava Fantasio con un’attenzione penosa. Un uomo appena pratico vede subito le qualità ed i difetti del modello. C’è un punto però che rivela l’animo stesso dell’animale: è la fronte e gli occhi, ora nella fronte, ora negli occhi: è lì che arriva con lo sguardo un padrone che sa il fatto suo, e in un attimo capisce la verità. Il padrone guardava Fantasio e non parlava. Una sera mi fermai a parlare accanto al box di Fantasio, il numero dodici, insieme a Ugo e al caporale . Avevamo faticato un po’ a calmare Naucide che, scalciando, minacciava di buttare giù la porta. Il caporale fumava una sigaretta, Ugo teneva le mani in tasca. Si parlava del Derby naturalmente, di Northern Light e di Fidia. Se ci fossero stati anche i nostri due cavalli, Ampezzo non avrebbe avuto vita facile. “E questo qui?” feci aprendo lo sportello. Fantasio stava in fondo al box, in piedi. Vidi il bianco di un occhio balenare appena nell’oscurità. “Non dormi, tu?” feci. Accesi la luce. Fantasio stava con la testa rivolta al muro e non si mosse. “Tato”, fece Ugo affacciandosi allo sportello. Al richiamo Fantasio si avvicinò cautamente, misurando i passi. Sapeva camminare bene, con nobiltà. “Tato”, ripeté più volte Ugo accarezzandolo, parlandogli sulla bocca. Fantasio accettava le carezze muovendo appena la testa. Poi si ritirò, con uno scatto, tornando verso la parete in fondo, dove rimase, voltando appena la testa. “Che ha?” chiese il caporale. Dopo cena, essendo rimasto solo, passeggiai un po’ nel cortile e prima di salire nella mia stanza andai a dare un’occhiata al box numero dodici. Fantasio era sempre in piedi e non dormiva. Ruotò un poco l’occhio, agitò appena gli orecchi, poi abbassò la testa verso la mangiatoia masticando un ciuffo di fieno. 15 : inserviente, mozzo di stalla 15 caporale