Anche nell’Italia, Fantasio rifiutò di partire, e Ampezzo vinse, galoppando in testa al gruppo per tutta la corsa. Quando attaccò gli ultimi trecento metri, avendo lasciato indietro gli altri almeno di venti lunghezze, tutti nelle tribune si alzarono in piedi applaudendolo. L’eccellenza di un protagonista di una corsa, riconcilia il pubblico, e anche chi aveva giocato su un altro cavallo applaudiva, felice, perché aveva davanti agli occhi un’opera perfetta. Nessuno s’accorgeva di Fantasio rimasto fermo dall’altra parte della pista: una macchia scura e triste nel verde gaio del prato. Ci sono padroni senza scrupoli che credono di aiutare un cavallo privo di volontà, dandogli un eccitante. È difficile scoprire se un cavallo coperto di sudore, con l’occhio sanguigno, le vene che sporgono come serpi, e il cuore che batte a salti, è ridotto in quello stato da un veleno o dallo sforzo a cui l’ha sottoposto il fantino; e alcuni ne approfittano. Il nostro padrone si sarebbe sentito umiliato se avesse ceduto alla tentazione di drogare un suo cavallo. Guardava Fantasio durante il galoppo d’allenamento, o mentre rientrava in scuderia, e a volte socchiudeva un poco gli occhi. Credo che avesse deciso di non occuparsi più di quel caso. C’era la cura di Fidia che lo assorbiva; Fidia aveva ricominciato a galoppare e forse, se tutto andava bene, sarebbe rientrato in pista a settembre per il Saint Leger. Il futuro confronto fra Ampezzo e Fidia era l’argomento di cui tutti parlavano in scuderia, specialmente la sera, ora che la temperatura era mite e invitava a stare all’aperto. Così anche noi avevamo dimenticato un poco Fantasio. Era iscritto al Principe Amedeo di Torino ma nessuno l’accompagnò, a parte il ragazzo di scuderia e Ugo che doveva montarlo. Ampezzo aveva rinunciato, essendo in preparazione per il Gran Premio. I partenti erano sette, il meglio che ci fosse in quel momento, escluso Ampezzo naturalmente che ormai era considerato un fuori classe. Questa volta Fantasio partì, e dopo poche centinaia di metri era già dietro i primi, Furlo e Adorno, che guidavano la corsa appaiati. In curva Fantasio si fece sotto, e all’entrata in dirittura aveva già superato i due avversari. Riferisco quello che mi raccontarono perché non ero presente alla corsa. Fantasio proseguiva rasente lo steccato senza rallentare come se con quella volata che faceva crepitare d’applausi le tribune volesse rifarsi delle umiliazioni subite. La disgrazia avvenne a duecento metri dal palo.