Il teatro era colmo di calafati, marinai falliti o in disuso, impiegatucci, barbieri, gente che sentiva il mare ma non lo navigava, udiva narrare di tempeste ma non le aveva mai affrontate e covava la gran voglia di dimostrare che anche loro erano all’occorrenza audaci. Mentre l’arbitro della partita soffiava nel fischietto, le donne viareggine sulle porte delle case erano riunite a crocchi a discutere su questa poetessa, una donna; aveva fatto il comizio davanti ai loro uomini. Ne erano tornati eccitati, presto avrebbero spezzato le catene. La partita era iniziata. Un momento prima, nell’assoluto silenzio, si era alzato come un gridìo di uccelli: “Per l’Unione Sportiva Lucchese Hipp, Hipp. Hurrà! ”. E i lucchesi avevano ricambiato: “Per lo Sporting Club Viareggio Hipp, Hipp. Hurrà! ”. I lucchesi avevano striato il torace di una maglia rossoscura. I viareggini erano zebrati, le maglie bianche e nere. I giocatori correvano sul verde dell’erba, a volte sembrava senza motivo. A tratti invece una delle schiere avanzava veloce verso la porta avversaria. Con brutalità la difesa rompeva l’azione, la palla già rivolava al centro del campo. D’improvviso c’era il tentativo di gettare la palla, lanciandola in aria, al di là della difesa. Il portiere seguiva tutte le mosse, in agguato, gli occhi sulle gambe che manovravano il pallone, le membra con quella rilassatezza adatta allo scatto improvviso. Gli spettatori erano del tutto divisi. Viareggini e lucchesi, due nazioni diverse. I lucchesi, che avevano accompagnato la loro squadra, non distinguevano che i loro colori, si zittivano temendo quando l’area rosso-nera era invasa, risorridevano quando i rosso-neri invadevano gli zebrati. Ugualmente gli spettatori viareggini avevano gli occhi soltanto sopra i loro giocatori, gli avversari erano dei provocatori, inammissibile la loro più piccola infrazione; invece la carica abusiva di uno dei loro era segno di maschia forza, rude allegria. Le urla si alternavano ai cupi silenzi. L’arbitro tentava di attutire le sempre più frequenti intemperanze; col braccio teso indicava il punto della punizione.