Cominciai presto a guadagnare terreno. Presto fui a 70, a 60, a 50 metri; e cominciai a farmi un’idea del mio avversario. Maglia grigia, calzoni a quadretti bianchi e neri, capelli coperti di polvere. Filava senza scarti, quasi seguendo un’invisibile rotaia. Immobili il busto e le spalle, procedeva composto e ritmico, per la forza dei polpacci e delle cosce, come di bielle ben regolate. Un professionista, certo: un professionista in allenamento. E già pensavo i magici nomi, già cercavo d’indovinare, nella curva della possente schiena, note fattezze: Martano? Piemontesi? Giacobbe? Chi era? Intanto m’alzavo e abbassavo sgraziatamente sui pedali, furioso dondolavo la testa e le spalle, di qua e di là, ad ogni colpo. Ero, senza dubbio, un esempio di pessimo stile. Tuttavia, riducevo il mio svantaggio: e questo era l’importante; perché volevo giungere a vedere, sia pure un solo istante, il viso del Campione. Tre, quattro volate, e gli fui sotto, a pochi metri. Ma, prima che potessi portarmi al suo fianco, il Campione, avvertito forse dal rumore del mio càrter, si voltò e, scrutandomi con una rapida occhiata, scattò così fulmineo da riprendermi senz’altro una decina di metri di vantaggio. Non vuole essere raggiunto, pensai. E tuttavia, non mi diedi per vinto. Tornai a rizzarmi sui pedali; pur senza molta fiducia, raccolsi le mie forze e partii come per vincere un traguardo. Con mia grande sorpresa, riuscii a portarmi sotto al Campione dopo qualche pedalata. Di nuovo, come prima, egli si voltò: parve stupito di rivedermi a così breve distanza; e tornò a scattare. Ma, questa volta, mi prese appena due o tre metri. 3 : nomi di corridori ciclisti degli anni Trenta. 3 Martano... Giacobbe