Lunedì saltammo la scuola per andare al paese vicino a curiosare. Il club era chiuso e tutti gli uomini del paese erano riuniti sul campo, fra le dune. Formavano una lunga coda per calciare rigori, contro el Gato Diaz, e l’allenatore, in completo nero e neo sulla fronte, cercava di spiegare loro che quello non era il miglior modo per allenare un portiere. Alla fine, tutti tirarono il loro rigore, e el Gato ne parò molti perché calciavano con scarpe di corda o da passeggio. Un soldato bassetto, silenzioso, che stava in fila, gli sparò una fucilata con un anfibio militare che quasi sfondava la rete. All’inizio del pomeriggio tornarono in paese, aprirono le porte del club e si misero a giocare a carte. Diaz passò tutta la sera senza dire una parola, tirandosi indietro il ciuffo bianco e andò avanti cosi fino a quando, dopo cena, si infilò uno stuzzicadenti in bocca e disse: “Constante li tira sulla destra”. “Sempre”, fece il presidente del club. “Però lui sa che io so”. “E allora siamo fregati”. “Sì, però anch’io so, che lui sa”, disse el Gato. “Quindi tuffati sulla sinistra ed è fatta”, fece uno di quelli che erano seduti a tavola. “No, lui sa che io so che lui sa”, disse el Gato Diaz e si alzò per andare a dormire. “El Gato è ogni giorno più strano”, osservò il presidente del club quando lo vide uscire pensieroso, camminando lentamente. Martedì non si presentò all’allenamento e neanche mercoledì. Giovedì, quando lo incontrarono mentre camminava fra i binari del treno, stava parlando da solo e lo seguiva un cane con la coda tagliata. “Lo parerai?” gli chiese, ansioso, il garzone del meccanico. “Non so, e poi cosa cambierebbe?”, domandò. “Che sarà la consacrazione di tutti noi, Gato. Gliela faremo vedere noi a quelle carogne del Belgrano”. 10 : pesante scarpone militare. 10 anfibio