Evitai di guardarlo negli occhi e decisi di cambiare piede tirando di sinistro, basso, sapendo che non ci sarebbe arrivato perché era ormai un po’ rigido e la gloria cominciava a pesargli. Quando corsi a prendere la palla dal fondo della rete, lui stava rialzandosi come un cane stanco. “Bene, ragazzo”, disse, “un giorno, quando sarai vecchio, potrai andare a raccontare da queste parti di aver fatto un gol al Gato Diaz, però nessuno ti crederà”.