“Viva Peppone!” o “Viva don Camillo!”. Peppone e don Camillo si guardarono e con molta dignità si salutarono chinando leggermente il capo. Arbitro neutro: l’orologiaio di Binella apolitico dalla nascita. Dopo dieci minuti di gioco il maresciallo dei carabinieri pallido come un morto si avvicinò a Peppone seguito da due militi parimenti esangui . “Signor sindaco”, balbettò “crede opportuno che telefoni in città per avere rinforzi?”. “Lei può chiamare una divisione, se vuole, ma qui se quei macellai non la smettono di fare il gioco pesante, nessuno potrà impedire che ci scappi fuori un mucchio di morti alto fino al terzo piano! Neanche Sua Maestà il Re lo potrebbe impedire! Ha capito?” urlò Peppone dimenticando, tanto era l’orgasmo, perfino l’esistenza della Repubblica. Il maresciallo si volse a don Camillo che era lì a un metro. “Lei crede che... ” balbettò. Ma don Camillo non lo lasciò finire. “Io” urlò “credo semplicemente che neanche l’intervento americano in persona potrà impedire che si nuoti nel sangue qui se quei bolscevichi maledetti non la smettono di rovinarmi gli uomini tirando calci negli stinchi!”. “Va bene” concluse il maresciallo. E andò a barricarsi coi suoi due uomini in caserma perché sapeva benissimo che, alla fine di tutte queste faccende, la gente chiude i festeggiamenti tentando di bruciare la caserma dei carabinieri. 11 12 : ugualmente pallidi. : nome che assunsero i comunisti russi durante la rivoluzione del 1917. 11 parimenti esangui 12 bolscevichi