“Duemilacinquecento lire ”. “Mmmm!” muggì don Camillo mettendogli i pugni sotto il naso. “Ma... ” gemette Binella. “ Via! ” urlò don Camillo indicandogli la porta. Rimasto solo, don Camillo si rivolse al Cristo. “Ve l’avevo detto io che quello è un venduto maledetto? Ho o non ho ragione di arrabbiarmi?”. “No, don Camillo” rispose il Cristo. “La colpa è tua, che per lo stesso servizio hai offerto a Binella duemila lire. Quando Peppone gliene ha offerte cinquecento di più, egli ha accettato la proposta di Peppone”. Don Camillo allargò le braccia. “Gesù” disse, “ma allora, se noi ragioniamo così, va a finire che il colpevole sono io!” “Proprio così, don Camillo. Proponendogli tu, sacerdote, per primo l’affare, egli ha stimato che fosse un affare lecito, e allora, affare lecito per affare lecito, si prende quello che frutta di più”. Don Camillo abbassò il capo. “Vorreste dire che se quel disgraziato adesso prendeva un sacco di botte dai miei, la colpa sarebbe stata mia?”. “In un certo senso sì perché sei stato tu il primo a indurre l’uomo in tentazione. Però la colpa tua sarebbe stata maggiore se, accettando la tua offerta, Binella avesse concesso il fallo a favore dei tuoi. Perché allora lo avrebbero picchiato i rossi. E quelli non avresti potuto fermarli ”. Don Camillo ci pensò sopra un poco. In conclusione” disse, “è meglio che abbiano vinto gli altri”. “Proprio così, don Camillo”. 21 : all’epoca in cui fu scritto il racconto (1947) si trattava di una discreta somma. 21 Duemilacinquecento lire