LEGGERE E CAPIRE IL CONTESTO Lo scontro politico nell’Italia del dopoguerra Non si può capire fino in fondo lo spirito che anima i racconti di Guareschi senza conoscere, almeno a grandi linee, il contesto in cui si svolgeva il confronto politico nell’Italia degli anni Cinquanta, quando sono collocate le vicende di don Camillo e Peppone. Il nostro paese, uscito da venti anni di dittatura fascista e da una guerra rovinosa, era deciso a rinnovare profondamente le sue strutture sociali e civili, pronto a sperimentare il nuovo e ansioso di prendere diretta conoscenza di quel mondo moderno fino a quel momento solo sfiorato. Questo programma si trovava davanti, però, ostacoli non indifferenti: il primo era costituito dalla oggettiva arretratezza del paese e dalla sua povertà accentuata dalle rovine della guerra, che rendevano difficile incamminarsi rapidamente sulla via dello sviluppo. Eppure, nonostante questi pesanti condizionamenti, gli italiani furono capaci in pochi anni di uscire dall’emergenza e addirittura, grazie al loro lavoro e a un ammirevole spirito di adattamento, di dare il via a una fase di espansione della produzione e dei consumi tanto eccezionale da meritare il nome di “miracolo economico”. Più complicato fu superare il secondo ostacolo che si opponeva all’edificazione di una democrazia moderna, e cioè l’esistenza in Italia, a differenza degli altri grandi paesi europei, di un conflitto politico radicale e drammatico tra forze alternative portatrici di modelli reciprocamente incompatibili: quello comunista e quello capitalista. Il confronto era reso ancora più complesso dalla presenza e dal peso che nella società italiana aveva la Chiesa Cattolica, tanto che la lotta politica veniva ad assumere i caratteri di uno scontro fra bene e male. Il Partito Comunista e la Democrazia Cristiana si fronteggiavano dunque non come due proposte diverse ma ugualmente legittime, ma come due alternative incompatibili, che miravano più che a un’affermazione elettorale, alla definitiva eliminazione dell’avversario considerato un nemico da distruggere. Si deve anche tenere presente, per capire bene in quale clima si svolgesse la vita politica italiana, che la stessa situazione si ripeteva a livello internazionale con la “guerra fredda”, fase di contrapposizione dura fra i due blocchi filoamericano e filosovietico, che portò più volte in quegli anni sull’orlo della terza guerra mondiale. Ci si renderà conto, quindi, che in questo clima da resa dei conti la partecipazione popolare alla sfida non potesse che essere altissima e appassionata, con il coinvolgimento di grandi masse popolari e con livelli di militanza oggi impensabili. Tuttavia, al di sotto e al di là di questo radicalismo ufficiale, la secolare tendenza al compromesso che caratterizza la storia italiana faceva sì che si trovasse quasi sempre quel minimo di intesa grazie alla quale si potevano evitare pericolose prove di forza: è proprio questo che, in fin dei conti, vogliono significare le avventure di don Camillo e Peppone, con le loro sfide all’ultimo sangue che si concludono puntualmente con una soluzione in cui ognuno dei due salva la faccia e legittima il proprio ruolo. Sotto la rappresentazione divertita e divertente delle passioni politiche e delle contrapposizioni ideologiche in apparenza inconciliabili si nasconde dunque un fondamentale ottimismo: il lieto fine che conclude generalmente le storie di Guareschi, il messaggio di speranza che le anima non sono espedienti di uno scrittore in cerca di facile popolarità, ma una sintesi tutto sommato corretta del clima morale che, pur davanti a difficoltà gigantesche, dominava l’Italia di allora, animata contro tutto e contro tutti da una caparbia volontà di sopravvivenza e di ricostruzione, che nel giro di pochi anni avrebbe portato il paese alla realizzazione di quel “miracolo economico” da cui la società italiana sarebbe uscita così profondamente trasformata.