Di nevicare aveva smesso. Ora anche l’aria nebbiosa si squarciò e nello squarcio apparve un cielo finalmente azzurro e il sole splendente e le montagne nitide ghiacciate una per una, solo qua e là piumate sulla cresta dai soffici brandelli della nuvola di neve. La ragazza incappucciata riaffacciò la bocca e il mento. “Ritorna bello”, fece, “io lo dicevo”. “Sì,” disse il ragazzo dagli occhiali verdi, “bello. Poi la neve è buona”. “Un po’ molle”. “Oh, già”. “Ma a me così piace”, lei disse, “e anche la discesa nella nebbia è mica male”. “Finché si sa la pista...” disse lui. “No, così”, disse lei, “indovinandola”. “Io l’ho già fatta tre volte”, disse il ragazzo. “Bravo. Io una sola, ma sono andata su senza skilift”. “L’ho vista . Aveva messo le pelli di foca”. “Sì. Ora che c’e il sole vado fin sul colle”. “Sul colle dove?”. “Più in su di dove arriva lo skilift. Fin sulla cresta”. “E cosa c’è lassù?”. “Si vede il ghiacciaio che sembra di toccarlo. Poi le lepri bianche”. “Le cosa?”. “Le lepri. A quest’altezza le lepri d’inverno mettono il pelo bianco. Anche le pernici”. “Ci sono lì?”. “Pernici bianche. Con le penne tutte bianchissime. D’estate invece hanno le penne caffelatte. Lei di dov’è?”. “Italiano”. 17 : negli anni Cinquanta, le regole formali della buona educazione esigevano che, non conoscendosi, anche fra ragazzi ci si desse del lei. 17 L’ho vista