TECNICHE DELLA LINGUA POETICA Il linguaggio della poesia presenta numerose e sostanziali differenze rispetto a quello della prosa. Un’analisi esauriente non può naturalmente, per ragioni di spazio e di opportunità, essere condotta in questa sede; ci limiteremo dunque a indicare e definire sinteticamente due fra le caratteristiche più rilevanti della lingua poetica, e cioè i procedimenti analogici e quelli fonosimbolici, la cui presenza si manifesta con particolare rilievo nella lirica del Novecento. L’analogia è una tecnica espressiva con cui si stabiliscono fra due soggetti rapporti associativi non legati a un ragionamento di ordine razionale, ma a suggestioni e impressioni dovute alla scoperta di aree di affinità e di parziale corrispondenza; queste aree hanno talvolta un valore oggettivo, ossia sussistono di per sé indipendentemente dell’osservatore, mentre altre volte si formano sulla base dell’esperienza individuale del poeta e diventano quindi difficili da comunicare al lettore. È quest’ultima situazione che produce quell’oscurità e quella difficoltà di comprensione che rende talvolta assai arduo penetrare il significato della lirica contemporanea. Qualche esempio: Distillavano i rami / una pioggia pigra di dardi (dalla poesia di Giuseppe Ungaretti L’isola). Qui siamo di fronte a un esempio di analogia oggettiva: i raggi del sole che filtrano smorzati attraverso il fogliame sono rappresentati come “una pioggia di dardi”, con un’associazione analogica fra raggi e dardi giustificata delle comuni caratteristiche (ambedue sono sottili e penetranti); a sua volta, la luce è associata all’acqua attraverso il ricorso al sostantivo “pioggia” e al verbo “distillavano”, ossia “facevano scendere goccia a goccia”. Per quanto riguarda il fonosimbolismo, il senso del termine è chiaramente espresso dalla sua struttura composta: “suono” più “simbolo”, nel senso che le soluzioni fonetiche assumono non un semplice valore melodico, ma anche un valore semantico, cioè esprimono dei significati, comunicano un messaggio; si consideri, per esempio, il seguente verso tratto da una celebre poesia di Eugenio Montale: Era il rivo strozzato che gorgoglia. Ebbene, inserendo il verso nel contesto complessivo della poesia, non è difficile comprendere che l’insistenza su determinati suoni (la r, la g, la doppia z) non è casuale, ma è il frutto di una deliberata scelta del poeta che intende sottolineare con l’asprezza dei suoni la corrispondente asprezza della condizione esistenziale dell’uomo contemporaneo. Analogia e fonosimbolismo