Per un tratto lottarono a pari a pari, e parevano due cose immobili in un mondo fantastico, dove tutto volava via. Furono attimi interminabili di tensione, poi quello cominciò a sopravvanzare, prima col cofano, quindi con la calotta, infine con l’intera macchina. Pistone gli si incollò dietro, eroicamente combatté per chilometri e chilometri, cedendo all’avversario soltanto il vantaggio che gli derivava dalla superiorità del mezzo. “Dammi la media”, disse Pistone. Ugo cominciò i suoi calcoli. “Settantaquattro chilometri in quarantotto minuti”, disse. “La media”, insisté Pistone. Ugo s’immerse nell’equazione. Si era accuratamente preparato a ciò, nei giorni precedenti, ma ora la cosa risultava meno facile del previsto. La macchina sobbalzava e gli faceva fare sgorbi, invece di numeri. “Novantadue”, disse infine. “Sei sicuro?”. “Sì”. “Molto bene”, disse Pistone. E poi aggiunse: “Se questa è Padova, lo riprendo, quel cane”. “Se piove, siamo rovinati” disse. “L’acqua ci farà perdere i numeri”. Ma non pioveva, soltanto era già piovuto, un poco. Superarono un cavalcavia, poi si trovarono quasi di colpo in una strada che aveva ai lati case con portici. Strada cattiva, col fondo acciottolato. Grandi frecce indicavano la direzione da prendere e Pistone la prendeva senza esitazioni, manovrando tra terza e seconda. D’un tratto lanciò un grido di trionfo, poiché aveva scorto i fanalini rossi del suo avversario. Il duello mortale si riaccendeva. Pistone gli fu subito addosso, ma non poteva sorpassarlo, a causa delle strade troppo strette. Attese pazientemente il momento buono. Infatti, poco più avanti, si aprì una piazza. Pistone, spingendo sulla terza, si portò a fianco dell’avversario per sorpassarlo da destra.