Capitolo 6 37 6 «Quando si sta bene si muore! sentenzia la sapienza popolare. Sembra una oscura allusione alla sorte di Argo che, in pieno benessere, imprevedibilmente... Quella notte Argo era preoccupato per la luna che pareva si consumasse1 in cielo senza un lamento. Così una voglia dolorosa di latrare per mettere in guardia quella lampada triste dallo scempio che la rimpiccioliva, il presentimento di qualcosa che va male, il senso di un pericolo oscuro travagliava il cane, ma non tanto da spingerlo a mettere fuori la voce: aveva imparato a star zitto. Mentre una volta guaiva per uno spino, ora non fiatava neanche per lo strazio di forare una siepe2, perché l uomo anche se non vede e non risponde, sente.Tutti nel bosco lo temono e stan lontani dai suoi lumi. Ormai Argo s era abituato senza accorgersene al mondo selvatico dove ogni sasso che rotola rende attenti, ma anche un ombra, anche il poco rumore, e dà sospetto un uccello che smette di cantare, paura se vola via. Quando il colle delle ginestre perse il poco colore d argento e diventò nero e il pollaio fu al buio, Argo si avviò per procurarsi un altra gallina. Faceva passi senza rumore, morbidi, poggiando cauto il callo dei diti sul terreno, con le unghie sollevate e retratte3. Arrivò alla rete, ci montò facile come per una scala, gli dette noia in cima un filo con delle punte, quello messo dal padrone del pollaio, ma le superò agilmente con un volteggio e fu in basso con un piccolo tonfo poco più forte d un soffio. 1 pareva si consumasse: la luna in fase calante diventa sempre più piccola sino ad assumere l aspetto di una falce. 2 per lo strazio di forare una siepe: per il forte dolore che Argo proverebbe attraversando una siepe, a causa delle spine dei rovi. 3 retratte: ritirate, come per non far rumore.