Capitolo 4 LO ZINGARO SI TOGLIE LA BENDA Infine scivolò lentamente, tra le tende, il viso solcato da rughe, tutto sgranato ora per la gaiezza, ora per la disperazione, e seminato di nei finti di un lungo pierrot, come disarticolato in tre parti, raggomitolato sul ventre come per una colica e che camminava sulla punta dei piedi come per un eccesso di prudenza e di paura, le mani impigliate nelle maniche troppo lunghe che spazzavano la pista. Non saprei più ricostruire oggi il soggetto della sua pantomima. Mi ricordo solamente che dal suo arrivo nel circo, dopo essersi vanamente e disperatamente tenuto in piedi, egli continuò a cadere. Aveva un bel tirarsi su; era più forte di lui: cadeva. Non smetteva di cadere. Incespicava in quattro sedie alla volta. Trascinava nella caduta un enorme tavolo che era stato portato sulla pista. Finì per cadere lungo e disteso al di là della barriera del circo, proprio sui piedi degli spettatori. Due aiutanti, reclutati tra il pubblico a fatica, lo tiravano per i piedi e lo rimettevano in piedi dopo inconcepibili sforzi. E ogni volta che cadeva, lanciava un gridolino, diverso ogni volta, un gridolino insopportabile, in cui la disperazione e la soddisfazione si mescolavano in uguale misura. Nel finale, arrampicato su una catasta di sedie, fece una caduta immensa e lentissima, e il suo ululato di trionfo stridente e pietoso durò per tutta la caduta, accompagnato dalle grida di paura delle donne. Durante la seconda parte della sua pantomima, rivedo, senza ben ricordarne la ragione, il povero pierrot che cade che tira fuori da una delle maniche una bambolina imbottita di 135