– Che buon vento, compare?
Lizio Gallo aveva in vezzo11 passarsi e ripassarsi continuamente una mano su i radi e lunghi baffi spioventi12 e sotto quella mano, serio serio, con gli occhi bassi, sballarne di quelle, ma di quelle13! Caro a tutti per il suo buon umore, non pure da Cirlinciò ch’era molto facile, ma dai piú scaltri mercanti del paese riusciva sempre a ottenere quanto gli bisognasse14 ed era indebitato fino agli occhi, e sempre abbruciato di denari15. Ma quel giorno si presentò con un’altr’aria16.
– Male, compare! – sbuffò, lasciandosi cadere su una seggiola.
– Mi sento stanco, ecco, stanco e nauseato.
E col volto atteggiato di tedio17 e di disgusto, disse seguitando, che non gli reggeva piú l’animo a vivere cosí d’espedienti e ch’era troppo il supplizio che gli davano i raffacci aperti o le mute guardatacce dei suoi creditori18.
Cirlinciò abbassò subito gli occhi e mise un sospiro.
– E pure voi sospirate, compare; vi vedo! – soggiunse il Gallo,
tentennando il capo. – Ma avete ragione! Non posso piú accostarmi a un amico, lo so. Mi sfuggono tutti19! E intanto, piú che per me, credetemi, soffro per gli altri, a cui debbo cagionare la pena della mia vista20. Ah, vi giuro che se non fosse per Giacomina mia moglie, a quest’ora21...