Ciò significa che dalle forme, dai ruoli, non c’è nessuna reale via di salvezza e che noi, in fondo, siamo tutti degli attori, in quanto recitiamo ciascuno, inconsapevolmente, una parte sul grande palcoscenico della vita. È comprensibile dunque che, per uno scrittore come Pirandello, il quale considerava la vita «un’enorme pupazzata», cioè una recita, una commedia, il teatro rappresentasse lo sbocco naturale, anche se l’attività di drammaturgo non lo portò mai ad abbandonare del tutto la produzione narrativa, specie quella novellistica. Molti drammi, anzi, traggono materia e spunto dalle sue novelle, la cui vasta produzione caratterizza tutto l’arco della sua carriera.

Il titolo della raccolta, Novelle per un anno, sotto il quale Pirandello riunì e pubblicò a partire dal 1922 il suo vasto materiale novellistico, nasconde un progetto ambizioso. Queste novelle infatti, come dice lo stesso Pirandello, formano tanti «piccoli specchi» che riflettono per intero la sua visione amara della vita: ogni giorno ha la sua pena e dunque la sua novella. In effetti, il piano originale prevedeva una serie di ventiquattro volumi comprensivi di quindici novelle ciascuno, per un numero di racconti pari a quello dei giorni dell’anno. La morte impedì allo scrittore di portare a termine il suo progetto, sicché, dei ventiquattro volumi previsti, ne uscirono solo una quindicina, per un totale di duecentoquarantun racconti.

I temi e le situazioni su cui si incentrano le novelle sono naturalmente quelli ricorrenti in tutta l’opera pirandelliana: il difficile rapporto fra individuo e società, la percezione della forma come impedimento alla vita, l’impossibilità di stabilire un sereno rapporto con gli altri, anche all’interno della propria famiglia, l’incapacità di vivere e di amare. A Pirandello non interessa narrare fatti straordinari; il suo sguardo si concentra anzi sulla grigia quotidianità, sulle situazioni e sulle persone più comuni, per scoprire che questa normalità è solo apparente e nasconde spesso scenari inquietanti: il dramma della solitudine, l’incomunicabilità fra genitori e figli, marito e moglie, l’ipocrisia delle convenzioni sociali da cui il personaggio pirandelliano si sente oppresso, ecc. Drammi che in molti casi sfociano in tragedia o portano gli individui a esplodere nella follia.