– Don Lollò! Ah, Don Lollòoo!
Quando venne su e vide lo scempio, parve volesse impazzire.
Si scagliò prima contro quei tre; ne afferrò uno per la gola e lo impiccò al muro26 gridando:
– Sangue della Madonna, me la pagherete!
Afferrato a sua volta dagli altri due, stravolti nelle facce terrigne27 e bestiali, rivolse contro se stesso la rabbia furibonda, sbatacchiò a terra il cappellaccio, si percosse le guance, pestando i piedi e sbraitando a modo di quelli che piangono un parente morto:
– La giara nuova! Quattr’onze di giara! Non incignata28 ancora!
Voleva sapere chi gliel’avesse rotta! Possibile che si fosse rotta da sé? Qualcuno per forza doveva averla rotta, per infamità29 o per invidia! Ma quando? Ma come? Non gli si vedeva segno di violenza! Che fosse arrivata rotta dalla fabbrica? Ma che! Sonava come una campana30!
Appena i contadini videro che la prima furia gli era caduta, cominciarono ad esortarlo a calmarsi. La giara si poteva sanare31.
Non era poi rotta malamente. Un pezzo solo. Un bravo conciabrocche32 l’avrebbe rimessa su, nuova. C’era giusto Zi’33 Dima Licasi, che aveva scoperto un mastice miracoloso, di cui serbava gelosamente il segreto: un mastice, che neanche il martello ci poteva, quando aveva fatto presa. Ecco, se don Lollò voleva, domani, alla punta dell’alba34, Zi’ Dima Licasi sarebbe venuto lì e, in quattro e quattr’otto, la giara, meglio di prima.

26 lo impiccò al muro: lo sollevò da terra mettendolo con le spalle al muro.
27 terrigne: colore della terra, scure.
28 incignata: inaugurata.
29 infamità: cattiveria, malignità.
30 Sonava come una campana!: la giara, a percuoterla, risuonava come una campana, cioè non aveva crepe al suo interno, dunque era sanissina.
31 sanare: aggiustare.
32 conciabrocche: l’artigiano che riparava gli oggetti in terracotta.
33 Zi’: zio (al femminile «zia»): è l’appellativo con cui in Sicilia ci si rivolge ai più anziani, in segno di rispetto.
34 alla punta dell’alba: alle prime ore del mattino.