Vedere, non aveva potuto vedere molte cose, il giudice D’Andrea; ma certo moltissime ne aveva pensate5, e quando il pensare è piú triste, cioè di notte.
Il giudice D’Andrea non poteva dormire.
Passava quasi tutte le notti alla finestra a spazzolarsi una mano a quei duri gremiti suoi capelli da negro6, con gli occhi alle stelle, placide e chiare le une come polle di luce, guizzanti e pungenti le altre7; e metteva le piú vive in rapporti ideali di figure geometriche, di triangoli e di quadrati, e, socchiudendo le palpebre dietro le lenti, pigliava tra i peli delle ciglia la luce d’una di quelle stelle, e tra l’occhio e la stella stabiliva il legame d’un sottilissimo filo luminoso, e vi avviava l’anima a passeggiare come un ragnetto smarrito8.
Il pensare cosí di notte non conferisce molto alla salute9. L’arcana10 solennità che acquistano i pensieri produce quasi sempre, specie a certuni che hanno in sé una certezza su la quale non possono riposare, la certezza di non poter nulla sapere e nulla credere non sapendo11, qualche seria costipazione. Costipazione d’anima12, s’intende.

5 Vedere… pensate: il giudice D’Andrea, che non si è mai mosso dalla sua città, nella provincia siciliana, in cui conduce un’esistenza ritirata, dedito al suo lavoro e alle sue letture, non ha avuto l’opportunità di fare grandi esperienze di vita, ma ha avuto comunque il tempo e l’agio di riflettere.
6 a spazzolarsi… negro: a passare una mano su quei rigidi folti capelli da nero.
7 placide… altre: alcune immobili e chiare, come sorgenti di luce, le altre invece lampeggianti, i cui raggi di luce sembravano pungere come frecce (pungenti).
8 metteva… smarrito: metteva le più splendenti in rapporto fra loro, creando figure geometriche immaginarie, di cui le stelle erano i lati – triangoli e quadrati –, e socchiudendo le palpebre, dietro gli occhiali, coglieva, come se l’afferrasse con le ciglia, la luce di una di quelle stelle, legando l’occhio e la stella con un sottilissimo filo luminoso, e su quel filo lasciava vagare la sua attenzione, come un ragnetto smarrito. L’immagine del ragno che vaga sul filo luminoso, è di grande efficacia: l’insetto, nella sua piccolezza, rappresenta l’uomo che, con il suo pensiero, tenta di avventurarsi nel mistero dell’infinito, ma è destinato a perdersi, al pari del ragnetto che vaga smarrito nella rete di quella ragnatela immensa.
9 Il pensare… salute: le meditazioni notturne non giovano alla salute. Il giudice D’Andrea appartiene alla vasta categoria dei personaggi pirandelliani che pensano troppo invece di abbandonarsi alla vita, che sostituiscono cioè il pensiero alla vita attiva. La riflessione, infatti, quando è eccessiva, impedisce all’uomo di vivere, diventa una specie di malattia che lo condanna, senza rimedio, all’infelicità.
10 arcana: misteriosa.
11 una certezza…non sapendo: una certezza che non offre loro nessuna tranquillità morale e intellettuale, ovvero la certezza di non poter conoscere nulla, e di non poter credere in nulla, proprio perché niente conoscono.
12 Costipazione d’anima: malattia dell’anima. Diversamente dalle persone cosiddette «normali» e sane, che pensano poco e agiscono molto, il giudice D’Andrea è un malato, non tanto nel corpo, quanto nello spirito, tormentato assiduamente da problemi più grandi di lui, dei quali non riesce a trovare una soluzione.