E al giudice D’Andrea, quando si faceva giorno, pareva una cosa buffa e atroce nello stesso tempo, ch’egli dovesse recarsi al suo ufficio d’Istruzione ad amministrare – per quel tanto che a lui toccava – la giustizia ai piccoli poveri uomini feroci13.
Come non dormiva lui, cosí sul suo tavolino nell’ufficio d’Istruzione non lasciava mai dormire nessun incartamento, anche a costo di ritardare di due o tre ore il desinare14 e di rinunziar la sera, prima di cena, alla solita passeggiata coi colleghi per il viale attorno alle mura del paese.
Questa puntualità, considerata da lui come dovere imprescindibile15, gli accresceva terribilmente il supplizio. Non solo amministrare la giustizia gli toccava; ma d’amministrarla cosí, su due piedi16.

13 pareva… feroci: per uno strano scherzo del destino, il giudice D’Andrea, così insicuro e pieno di dubbi su ogni cosa, svolge una professione che lo costringe a fissare i confini fra giusto e ingiusto, bene e male e a imporne il rispetto a quei piccoli uomini feroci i quali, diversamente da lui, non sono intaccati dall’assillo del pensiero e perciò si abbandonano, come animali feroci appunto, alle lotte della vita. L’Ufficio d’Istruzione è il luogo dove si raccolgono le prove, le testimonianze e i documenti necessari per istruire i processi.
14 desinare: il pranzo di mezzogiorno.
15 imprescindibile: inevitabile, al quale non è possibile sottrarsi.
16 su due piedi: in fretta, alla svelta. Il D’Andrea vorrebbe avere a disposizione un tempo più lungo per riflettere sui problemi inerenti al suo mestiere di giudice. Anche in ciò, egli dimostra la sua incapacità di adeguarsi ai ritmi della vita, del lavoro, che sono rapidi e incalzanti, mentre il tempo del pensiero e dello studio è un tempo più dilatato, che non sopporta limiti e restrizioni.