Protagonista di questa novella è un uomo che avrebbe tutti i motivi per essere felice: è un professionista serio e affermato, un marito e un buon padre di famiglia. Tutti ne riconoscono i meriti e ne apprezzano le qualità. Eppure, questo individuo fortunato non solo non è contento di sé, ma addirittura, da un certo istante in poi, comincia a provare orrore della sua condizione. La crisi avviene durante un viaggio in treno, al ritorno dal quale egli si rende conto per la prima volta che la sua vita è diversa da come la vorrebbe. La sua attività, i suoi ruoli sociali e familiari gli sembrano qualcosa di estraneo che non gli appartiene più: come se si trovasse di fronte ad uno specchio e non riconoscesse più la sua immagine riflessa. A questo punto, ci aspetteremmo forse che, con un colpo di scena drammatico, il protagonista abbandonasse tutto – casa, famiglia, professione – per ricominciare una nuova vita e lasciarsi il passato alle spalle. Niente di tutto ciò: egli continua a svolgere le stesse mansioni di prima, ad adempiere col solito rigore ai suoi doveri; l’unica libertà che si concede è… giocare alla carriola con la sua cagnolina. Il gioco consiste in questo: prendere l’animale per le zampe posteriori e trascinarlo per qualche minuto sul pavimento, come una piccola carriola, appunto. Rinchiuso a chiave nel suo studiolo, lontano da sguardi indiscreti, nessuno lo può vedere. Nessuno conoscerà mai questa sua piccola follia che, per pochi attimi soltanto, gli permette di evadere dalla realtà, liberandolo, sia pure temporaneamente, dai ruoli soffocanti che hanno imprigionato la sua vita.