Gli occhi a poco a poco mi si chiusero, senza che me n’accorgessi, e forse seguitai nel sonno il sogno di quella vita che non era nata. Dico forse, perché, quando mi destai, tutto indolenzito e con la bocca amara, acre e arida, già prossimo all’arrivo, mi ritrovai d’un tratto in tutt’altro animo, con un senso d’atroce afa della vita, in un tetro, plumbeo attonimento, nel quale gli aspetti delle cose piú consuete m’apparvero come vôtati di ogni senso, eppure, per i miei occhi, d’una gravezza crudele, insopportabile22.
Con quest’animo scesi alla stazione, montai sulla mia automobile che m’attendeva all’uscita, e m’avviai per ritornare a casa.
Ebbene, fu nella scala della mia casa; fu sul pianerottolo innanzi alla mia porta.
Io vidi a un tratto, innanzi a quella porta scura, color di bronzo, con la targa ovale, d’ottone, su cui è inciso il mio nome, preceduto dai miei titoli e seguito da’ miei attributi23 scientifici e professionali, vidi a un tratto, come da fuori, me stesso e la mia vita, ma per non riconoscermi e per non riconoscerla come mia.
Spaventosamente d’un tratto mi s’impose la certezza, che l’uomo che stava davanti a quella porta, con la busta di cuojo sotto il braccio, l’uomo che abitava là in quella casa, non ero io, non ero stato mai io. Conobbi d’un tratto d’essere stato sempre come assente da quella casa, dalla vita di quell’uomo, non solo, ma veramente e propriamente da ogni vita.

22 in tutt’altro… insopportabile: in tutt’altra disposizione d’animo, oppresso da un senso di soffocamento, di fastidio nei confronti della vita, in uno smarrimento cupo, pesante come il piombo (plumbeo), nel quale l’immagine delle cose più familiari (gli aspetti delle cose più consuete) mi apparvero quasi privati (vôtati) di ogni senso, e tuttavia crudelmente e insopportabilmente pesanti ai miei occhi.
23 attributi: le cariche ricoperte e le attività svolte dal protagonista.