Ed erano lí, dietro quella porta che recava su la targa ovale d’ottone il mio nome, erano lí una donna e quattro ragazzi, che vedevano tutti i giorni con un fastidio ch’era il mio stesso, ma che in loro non potevo tollerare, quell’uomo insoffribile28 che dovevo esser io, e nel quale io ora vedevo un estraneo a me, un nemico. Mia moglie? i miei figli? Ma se non ero stato mai io, veramente, se veramente non ero io (e lo sentivo con spaventosa certezza) quell’uomo insoffribile che stava davanti alla porta; di chi era moglie quella donna, di chi erano figli quei quattro ragazzi? Miei, no! Di quell’uomo, di quell’uomo che il mio spirito, in quel momento, se avesse avuto un corpo, il suo vero corpo, la sua vera figura, avrebbe preso a calci o afferrato, dilacerato29, distrutto, insieme con tutte quelle brighe, con tutti quei doveri e gli onori e il rispetto e la ricchezza, e anche la moglie, sí, fors’anche la moglie...
Ma i ragazzi?
Mi portai le mani alle tempie e me le strinsi forte.
No. Non li sentii miei. Ma attraverso un sentimento strano, penoso, angoscioso, di loro30, quali essi erano fuori di me, quali me li vedevo ogni giorno davanti, che avevano bisogno di me, delle mie cure, del mio consiglio, del mio lavoro; attraverso questo sentimento e col senso d’atroce afa col quale m’ero destato in treno, mi sentii rientrare in quell’uomo insoffribile che stava davanti alla porta31.
Trassi di tasca il chiavino; aprii quella porta e rientrai anche in quella casa e nella vita di prima.

Ora la mia tragedia è questa. Dico mia, ma chi sa di quanti!

28 insoffribile: insopportabile.
29 dilacerato: dilaniato, fatto a pezzi.
30 un sentimento… di loro: il sentimento della consapevolezza, penosa e angosciante, della loro esistenza.
31 mi sentii… porta: il pensiero degli obblighi familiari, e soprattutto dei doveri che il protagonista, in quanto padre, ha nei confronti dei figli, lo spinge a rientrare nei suoi ruoli e a riprendere quella vita insopportabile, che egli non riconosce come propria.