Ma, ecco, la bestia, da quindici giorni, rimane come basita47 a mirarmi, con quegli occhi appannati, sbarrati dal terrore. Vorrei farle intendere – ripeto – che non è nulla; che stia tranquilla, che non mi guardi cosí.
Comprende, la bestia, la terribilità dell’atto che compio.
Non sarebbe nulla, se per ischerzo glielo facesse uno dei miei ragazzi. Ma sa ch’io non posso scherzare; non le è possibile ammettere che io scherzi, per un momento solo; e séguita maledettamente a guardarmi, atterrita48.

47 basita: stupefatta.
48 sa ch’io… atterrita: il protagonista attribuisce alla cagnetta una sensibilità quasi umana e scorge, riflesso nei suoi occhi, lo stesso terrore che in realtà prova lui, all’idea di essere sorpreso da qualcuno. Ma lo sgomento della bestiola, unica testimone della sua lucida pazzia, suscita le sue angosce anche perché lo costringe a pensare alla reazione che avrebbero gli altri, a immaginare cioè come gli altri lo giudicherebbero, se lo scoprissero nell’atto di compiere quel gesto. Perciò, lo sguardo atterrito e insistente dell’animale diventa ai suoi occhi una vera persecuzione, e la cagnetta, da vittima inerme, si trasforma per lui in una muta persecutrice.