Ma badava, sí, se il signor Anselmo involontariamente alzava una mano a raffilarsi sul cranio i venticinque capelli che gli erano rimasti23. Perché, oltre tutti quei malanni, aveva il coraggio, la nonna, d’essere ancora ferocemente gelosa di lui, come se nella tenera età di cinquantasei anni, con la barba bianca, il cranio pelato, in mezzo a tutte le delizie che la sorte amica gli aveva prodigate; e quelle cinque nipotine sulle braccia, alle quali col magro stipendio non sapeva come provvedere; col cuore che gli sanguinava ancora per la morte di quel suo disgraziato figliuolo; egli potesse difatti attendere a fare all’amore con le belle donnine24!
Non rideva forse per questo? Ma sí! Ma sí! Chi sa quante donne se lo sbaciucchiavano in sogno, ogni notte!
La furia con cui la moglie lo scrollava, la rabbia livida25 con cui gli gridava: «Tu ridi!» non avevano certo altra ragione, che la gelosia.
La quale... niente, via, che cos’era? una piccola, ridicola scheggina di pietra infernale, data da quella sua sorte amica in mano alla moglie, perché si spassasse a inciprignirgli le piaghe, tutte quelle piaghe,di cui graziosamente aveva voluto cospargergli l’esistenza26.
23 a raffilarsi… rimasti: a pareggiarsi, lisciandoli con la mano, quei pochissimi capelli rimastigli.
24 come se… donnine!: il signor Anselmo non è né giovane né prestante, ma è un uomo anziano, provato anche nel fisico dalle sofferenze e dalle innumerevoli traversie della vita, non ultima la morte prematura del figlio. Egli non si trova certo nelle condizioni fisiche e psichiche più adatte per fare il dongiovanni; perciò, a maggior ragione, la gelosia della moglie è un sospetto infondato, un’assurda mania, frutto di una mente stravagante e ammalata.
25 livida: feroce, carica di astio.
26 una piccola… l’esistenza: la morbosa gelosia della moglie è una piccola, insignificante scheggia di una pietra infernale, che il destino crudele ha consegnato nelle sue mani, affinché si divertisse a inasprirgli (inciprignirgli) le ferite, di cui la sorte gli aveva cosparso l’esistenza. Pirandello usa abilmente l’ironia per descrivere la triste condizione del protagonista. Egli non ride di lui, né intende far ridere il lettore, ma, attraverso il filtro ironico sfruttato con sapienza, vuole sottolineare l’assurdità del destino, che si accanisce su questo personaggio, e farcelo apparire né come una figura semplicemente comica, né come una figura semplicemente tragica, ma l’uno e l’altro insieme, suscitando così, oltre al nostro sorriso, anche la nostra inevitabile compassione.