Pochi sono gli autori come Pirandello che hanno una concezione tanto amara e pessimistica della vita associata. Una visione negativa che non risparmia ovviamente la famiglia, il primo nucleo della società, e, di conseguenza, i rapporti matrimoniali. Il matrimonio è, anzi, per Pirandello, la «forma delle forme», la trappola per eccellenza. Alla base dell’unione matrimoniale infatti non c’è quasi mai l’amore o, se c’è, è destinato a finire presto, soffocato dal peso dei doveri, degli obblighi e delle responsabilità che la società impone a ciascuno di noi. Il matrimonio stesso è già di per sé un dovere sociale: è la società a imporci di sposarci, di formare una famiglia, di contribuire con il lavoro alla vita della comunità, di diventare cioè la rotella di un ingranaggio alienante.
L’amore, anzi, è visto come un sentimento che si può nutrire solo fuori della famiglia, come dimostra molto bene la novella Il lume dell’altra casa, in cui la passione che esplode fra il protagonista, Tullio Buti e Margherita Masci, porta alla distruzione della famiglia di lei e all’infelicità di tutti, amanti compresi. Anche il rapporto fra genitori e figli non è quasi mai appagante e sereno, ma sempre difficile e controverso. La famiglia, infatti, sia che venga rappresentata come nido, sia che venga rappresentata come prigione, è sempre il luogo dell’incomunicabilità fra genitori e figli, al punto che in molti casi i genitori rifiutano i propri figli, come nella novella Il figlio cambiato. Altrove, invece, il rapporto madrefiglio è presentato come un legame intenso, profondo e la madre è vista in una luce positiva, quale figura dolcissima e protettiva.
È ancora il caso della novella Il lume dell’altra casa, dove il protagonista, che ha avuto un’infanzia difficile a causa di un padre dispotico e crudele, ripensa con nostalgia alla madre, come all’unica figura luminosa in una vita triste e priva di affetti.