Lo accese e andò a picchiare discretamente all’uscio dell’inquilino. Tremava tanto,per l’emozione, che il globo, oscillando, batteva contro il tubo, che rischiava d’affumicarsi.
– Permesso? Il lume.
– No, grazie, – rispose il Buti, di là. – Sto per uscire.
La zitellona fece una smorfietta, con gli occhi bassi, come se l’inquilino potesse vederla, e insistette:
– Sa, ce l’ho qua. Per non farla stare al bujo.
Ma il Buti ripeté, duro:
– Grazie, no.
S’era seduto sul piccolo canapè30 dietro al tavolino, e sbarrava gli occhi invagati nell’ombra31 che a mano a mano s’addensava nella cameretta, mentre ai vetri smoriva32 tristissimo l’ultimo barlume del crepuscolo.
Quanto tempo stette cosí, inerte, con gli occhi sbarrati, senza pensare, senza avvertire le tenebre che già lo avevano avvolto?
Tutt’a un tratto, vide.
Stupito, volse gli occhi intorno. Sí. La cameretta s’era schiarata33 all’improvviso, d’un blando lume discreto34, come per un soffio misterioso.
Che era? Com’era avvenuto?
Ah, ecco. Il lume dell’altra casa. Un lume or ora acceso nella casa dirimpetto: l’alito d’una vita estranea, ch’entrava a stenebrare il bujo, il vuoto, il deserto della sua esistenza35.
Rimase un pezzo a mirare quel chiarore come alcunché36 di prodigioso.

30 canapè: divano.
31 sbarrava… nell’ombra: spalancava gli occhi distratti, svagati (invagati) nell’ombra.
32 smoriva: veniva meno, si spegneva.
33 schiarata: rischiarata, illuminata.
34 d’un blando lume discreto: di una luce piacevole e moderata.
35 l’alito… esistenza: il respiro di una vita sconosciuta, che entrava a diradare il buio, il vuoto, il deserto della sua esistenza.
36 alcunché: qualcosa.