Questa è la storia di un matrimonio «originale» fra due persone a cui la natura ha giocato un tiro bizzarro. Lei, Margherita Carega, è una ragazza di dimensioni gigantesche; una specie di donna cannone, ma con la sensibilità e il cuore delicati di una bambina.
Lui, l’ingegner Cosimo Todi, è un omino già avanti negli anni, verso il quale la natura è stata altrettanto ingenerosa, vietandogli di crescere, in statura,… poco oltre il metro. Consapevole della propria «mostruosità», che gli ha impedito di trovare l’anima gemella, l’ingegner Todi ha un’idea stravagante: propone alla gigantessa, Margherita Carega, un matrimonio, a dir poco ridicolo, che si rivelerà
poi, col tempo, un’unione abbastanza fortunata. Questa novella è forse l’unica, nella vasta produzione pirandelliana, in cui il matrimonio non è presentato sotto una luce negativa, come una «forma», una condizione vissuta dall’individuo in maniera angosciante e conflittuale. In realtà, in questo modo, Pirandello, non solo non contraddice la sua idea negativa del matrimonio, ma addirittura la conferma. L’unione di questi due fenomeni da circo, infatti, non è una cosa seria, ma un matrimonio tutto da ridere, anche se tra i due sposi non manca certo l’amore, la gratitudine reciproca e il rispetto. Se ne accorgerà ben presto Cosimo Todi, allorché diventerà padre di due figli, anzi di due colossi ben degni della madre. Di fronte ai due giganti, il povero ingegner Todi, con la sua statura minuscola, sente fortemente minata la sua autorevolezza di capo famiglia e soprattutto di padre, perché – come dice Pirandello – se il matrimonio può essere anche una cosa ridicola, la paternità è invece una cosa seria, su cui non si può ridere e, tanto meno, scherzare.