Il buon curato non pigliava quasi piú fiato dalla paura e balbettava:
– ... E non m’era parso! Non m’era parso31!
Quando la donna terminò di parlare, egli, non ostante la grave età32, balzò da sedere e, ravvoltosi nel tabarro33, calcatosi sulla fronte il cappello:
– Grazie, figliuola mia, grazie! – disse. – Lasciatemene34 andar via subito... Grazie, veramente...Vi devo la vita...
– Prenda i galletti, mi faccia il favore!
– No, niente! Che galletti, cara figliuola! Oh, povero ragazzo!
Il Signore v’assista, povera figliuola! Addio, addio... e grazie di nuovo...
La donna lo lasciò partire.
– Oh, e questo è fatto! – esclamò.
Si recò in cucina, trasse dalla pentola i due galletti, e li nascose.
– Adesso a noi, signor marito!
Il bottajo rincasò con un buon fiasco di vino, tutto ansante, trafelato35.
Trovò la moglie, in cucina, in pianto dirotto, coi capelli disfatti36.
– Che t’è avvenuto?
– Ah se sapessi! Ah prete cane! – piangeva la moglie.
– Il curato? Dov’è? Che t’è avvenuto?
– Metterai senno37, ora? Mi porterai ancora gente in casa? Vedi che m’ha fatto il tuo signor curato? Vedi che m’ha fatto?
– Che t’ha fatto?

31 E non… parso!: non mi era sembrato. Il buon curato vuol dire che non aveva avuto alcun sospetto della pazzia del bottaio; perciò, adesso, è ancora più sbalordito.
32 non… età: nonostante l’età avanzata.
33 tabarro: mantello.
34 Lasciatemene: lasciatemi (andare via) da qui.
35 ansante, trafelato: col fiato grosso e il respiro affannoso.
36 disfatti: spettinati, come se per la disperazione si fosse cacciata le mani nei capelli.
37 Metterai senno: diventerai più saggio.