Il bujo, ove doveva esser lume, la solitudine delle cose che restavan lí con un loro aspetto cangiato54 e quasi irriconoscibile, quando piú nessuno le vedeva, gli avevano messo in tale subbuglio l’anima smarrita, che Ciàula s’era all’improvviso lanciato in una corsa pazza, come se qualcuno lo avesse inseguito.
Ora, ritornato giú nella buca con zi’ Scarda, mentre stava ad aspettare che il carico fosse pronto, egli sentiva a mano a mano crescersi lo sgomento55 per quel bujo che avrebbe trovato, sbucando dalla zolfara. E piú per quello, che per questo delle gallerie e della scala, rigovernava attentamente la lumierina di terracotta56.
Giungevano da lontano gli stridori e i tonfi cadenzati della pompa57, che non posava mai58, né giorno né notte. E nella cadenza di quegli stridori e di quei tonfi s’intercalava il ruglio sordo di zi’ Scarda, come se il vecchio si facesse ajutare a muovere le braccia dalla forza della macchina lontana.
Alla fine il carico fu pronto, e zi’ Scarda ajutò Ciàula a disporlo e rammontarlo59 sul sacco attorto dietro la nuca.
A mano a mano che zi’ Scarda caricava, Ciàula sentiva piegarsi, sotto, le gambe. Una, a un certo punto, prese a tremargli convulsamente cosí forte che, temendo di non piú reggere al peso, con quel tremitio, Ciàula gridò:
– Basta! basta!
– Che basta, carogna! – gli rispose zi’ Scarda.
E seguitò a caricare
54 cangiato: mutato, diverso da quello del giorno.
55 sgomento: spavento, terrore.
56 E più per quello… terracotta: e più per la paura di quello, cioè del buio della notte, che avrebbe trovato fuori, alla sua uscita dalla zolfara, che per timore dell’oscurità che avrebbe incontrato nella galleria e lungo la scala, ripuliva con attenzione la sua lumierina di terracotta.
57 tonfi… pompa: i colpi ritmati, scanditi da pause regolari della pompa, con cui si svuotava la cava dall’acqua infiltrata nelle gallerie.
58 non posava mai: non si fermava mai.
59 rammontarlo: ammassarlo.