LIBRO SECONDO Moscarda racconta di sé, di come abiti con la moglie nella casa che era stata di suo padre. Di come quella casa non sia terminata perché proprio il padre l aveva lasciata incompiuta ed egli, Vitangelo, ha permesso che il cortile, abbandonato a se stesso, si trasformasse in un luogo in cui le comari del vicinato vengono a chiacchierare, a stendere i panni, ad allattare i bambini, a cercarsi l un l altra i pidocchi tra i capelli Un cortile dove, in qualche putrida pozza, si riproducono le zanzare Poi l attenzione si sposta sul mondo delle parole: com è facile e insieme difficile comprendersi! Ogni oggetto, ogni creatura, ogni componente del paesaggio ha il proprio nome e, dunque, sembrerebbe impossibile non capirsi, quando si facciano questi nomi che significano la stessa cosa per tutti. Eppure, ognuno riempie questi termini anche di tutto ciò che i personali ricordi trascinano con sé: una poltrona che sia quella in cui sedeva un parente amato, e in seguito mancato, non è la stessa poltrona che vede un visitatore occasionale; i cipressi che a uno danno pace all altro ispirano l impressione inquietante della morte; la zanzariera che per Moscarda è un occasione per nascondersi al mondo e osservare la propria stanza senza essere visto, per il suo inquilino è un oggetto avvolgente, che lo soffoca. E, poi, i nomi nascondono sotto il proprio aspetto quieto tanta sofferenza: il tavolo, la sedia, dall apparenza così tranquilla, celano lo spasimo dell albero abbattuto per procurare il loro legno; la casa, rassicurante e serena, non è che il frutto dello sventramento di una montagna a cui sono state tolte le pietre per la sua edificazione: l intero mondo della città ha un qualche senso soltanto per l uomo che l ha voluta e che ci vive esiliato dalla natura la quale, invece, vive senza torturarsi a domandarsi il perché. E anzi l uomo si accanisce contro la natura, estirpando e potando, quando questa cerca di riappropriarsi di una piazza, di una via, provando a farvi crescere un poco d erba, a ospitarvi una coppia di uccellini. Allo stesso modo, ognuno costruisce tutti gli altri, in ogni momento, attribuendo loro le caratteristiche che gli sembrano proprie, senza fermarsi a considerare se nel ritratto che ne vien fuori l interessato si potrebbe riconoscere. Perché di certo costui non saprebbe chi sia quell individuo così descritto. E allora si può parlare di sopraffazione? Affatto, poiché l individuo reale, quello, nessuno lo conosce e, quindi, nessuno può volontariamente negarlo per sostituirlo con un altro. Egli rimane sconosciuto persino a se stesso ed è un altro, sono «centomila altri suoi aspetti che agiscono a suo nome nel mondo. 59