La crisi religiosa e la svolta letteraria — Boccaccio, dopo essersi ritirato nella sua casa di Certaldo (1360), si impegna ora assiduamente nello studio dei classici latini e greci (è il primo dei letterati dell’Europa occidentale a studiare la lingua greca) e, sull’esempio di Petrarca, compone opere in latino. L’amicizia con questo poeta, con il quale intrattiene una fitta corrispondenza epistolare, lo porta anche ad approfondire il suo rapporto con la religione. Lo scrittore è colpito infatti, in questi anni, da un’intensa crisi religiosa, che lo costringe a criticare severamente le sue opere precedenti, soprattutto il Decameron. Egli tenterà addirittura di bruciarlo, perché quest’opera è una celebrazione dell’amore, della bellezza e della gioia di vivere, ciò di cui ben terrà, che lo scrittore giudica ora con grande disprezzo. Per fortuna, l’intervento di Petrarca lo dissuaderà dal portare a termine il proposito e lo aiuterà anche a risolvere serenamente la sua crisi religiosa. Ripreso l’impegno politico, Boccaccio compie ancora viaggi ad Avignone, a Roma, in qualità di ambasciatore, ma soprattutto per incontrare Petrarca a Milano (1355), a Venezia (1363) e a Padova (1368). Tormentato dai ricorrenti problemi finanziari e dalla sua cagionevole, Boccaccio concentra i suoi ultimi anni nello studio della Divina Commedia, l’opera prediletta dal suo amico fiorentino, Dante Alighieri, alla cui era un fervente ammiratore. Morirà a Certaldo, nel 1375, un anno dopo il suo grande amico e maestro, Francesco Petrarca.