D’istinto aguzzò le orecchie,strinse con la mano l’elsa3 della spada, che pendeva al suo fianco, e arretrò di qualche passo.
Quand’ecco, d’improvviso, dal folto degli alberi, vide sbucare di corsa una donna nuda, inseguita da due mastini4. I cani la raggiunsero, la gettarono a terra e cominciarono ad azzannarla in tutto il corpo. Che spettacolo! Nastagio sguainò subito la spada e stava per gettarsi, rabbioso, su quei mastini e allontanarli dalla donna, quando sopraggiunse un cavaliere a cavallo, con un pugnale in mano: «Nastagio, lascia perdere e non ti’impicciare!», gli intimò con voce imperiosa.
Al che, il giovane, più sorpreso che spaventato, rispose: «Chi siete voi e come vi permettete di dar la caccia a una povera donna e farla straziare dai vostri cani?».
Il cavaliere smontò di sella, si deterse il sudore che gli colava dalla fronte e, sorridendo con amarezza, gli disse: «Mi chiamo Guido degli Anastagi, ti dice niente il mio nome?».
Nastagio rimase un po’ perplesso, poi si batté una mano sulla fronte: «Ma certo che mi ricordo! Non sei quel Guido che si era suicidato per amore di una donna, tanti anni fa? Io ero ancora un bambino, allora, e tu un giovanotto, ma mi ricordo bene. Il tuo suicidio aveva fatto un grande scalpore in città, e tutti ne parlavano…».
«Vedo che sei bene informato, amico. Sì, io sono quel Guido, e questa donna qui, azzannata dai cani, fu la vera causa della mia morte. Devi sapere che io l’amavo follemente, come tu adesso ami la figlia di Paolo Traversari, mentre costei, questa perfida crudele, mi disprezzava. In breve, l’amore mi fece perdere il lume degli occhi e la ragione. E così, non trovando pace ai miei tormenti, mi suicidai, con questo pugnale che vedi. Lei non versò una lacrima, non ebbe per me una parola di pietà, anzi, era tutta lieta che mi fossi levato di torno e non la infastidissi più con il mio amore.
Ma Dio, che tutto vede e provvede, non lasciò impunito il suo crimine la fece morire, di malattia, poco dopo di me.
3 elsa: impugnatura.
4 mastini: cani robusti e feroci.