Federico, dunque, perdutamente innamorato, faceva di tutto per conquistare la sua amata: dava banchetti, feste, ricevimenti, teneva una vita lussuosa. Insomma, spendeva un capitale, pur di farsi notare da lei. Ma Giovanna, che era una donna onesta quanto bella e non voleva tradire suo marito, non lo considerava neppure. Sicché il povero Federico, a furia di spendere inutilmente il suo denaro, cadde in miseria e non gli rimase altro che un podere, piccolo, ma sufficiente a garantirgli una minuscola rendita, e un falcone magnifico, uno degli esemplari più belli che mai si fossero visti al mondo. Il giovane gentiluomo, ridotto quasi sul lastrico, non potendo più permettersi di vivere in città, si trasferì in campagna. E lì, nel suo poderetto, passava il tempo dedicandosi alla caccia e, senza chiedere soccorso a nessuno, con il pensiero sempre rivolto alla sua donna, sopportava pazientemente la povertà.
Nel frattempo, il marito di monna2 Giovanna cadde ammalato e, vedendosi ormai vicino alla fine, fece testamento designando come eredi legittimi delle sue ricchezze il figlio, già grandicello, e, nel caso in cui quest’ultimo fosse venuto a morte, la moglie, che amava teneramente. Dopo di che se ne morì. Rimasta dunque vedova, monna Giovanna aveva preso l’abitudine di recarsi ogni estate in campagna, come è usanza delle nostre donne, insieme al suo figlioletto, in un podere vicino a quello di Federico. E così, avvenne che il ragazzino cominciò a fare amicizia con Federico, ad andare a caccia con lui e a divertirsi con i cani e con gli uccelli. Ma la cosa che gli piaceva di più era quel falcone, che il pover’uomo trattava come un figlio: «Gli vuoi molto bene, non è vero?», gli chiese il ragazzino, una volta che erano usciti a caccia insieme.
«Certo che gliene voglio, è una bestia bellissima», rispose Federico, che era di poche parole.

2 monna: titolo onorifico che si dava alle donne, equivale a madonna, dal latino mea domina, mia signora, mia padrona.