L’intraprendenza, l’avventura, la prontezza di spirito, l’astuzia — Perciò, accanto alla cortesia, all’amore, all’avventura, a cui è dedicata ad esempio una novella straordinaria come quella di Andreuccio da Perugia (L’incredibile storia di Andreuccio, giornata II), un altro tema del Decameron è costituito dall’intraprendenza e dall’ingegno, che sono le doti caratteristiche dell’uomo borghese e che permettono alle persone di conquistare ricchezza e prestigio, come nel caso di Cisti fornaio (giornata VI). L’uomo ideale di Boccaccio deve possedere queste due virtù: da un lato l’intelligenza, la spregiudicatezza, tipiche del commerciante e dell’uomo d’affari, dall’altro la generosità e il disinteresse, cioè le virtù del signore cortese. Un altro tema presente nelle novelle del Decameron è l’astuzia che, insieme alla prontezza di spirito e all’arguzia, rappresenta, nel codice di valori di Boccaccio, un’altra virtù non meno importante. La simpatia dello scrittore va a personaggi come Chichibio che, con la sua pronta risposta, riesce a sventare il castigo minacciatogli dal suo padrone; a Cisti che con un motto arguto sottolinea la tracotanza di un signore come Geri Spina, ma anche a un truffatore vero e proprio come frate Cipolla, capace con la sua genialità e la sua abile parlantina, di farla franca, anche nelle situazioni più difficili.
I furbi e gli ingenui: l’arte della beffa — Ma accanto ai personaggi astuti e intraprendenti non possono mancare i loro opposti, gli ingenui e i semplicioni, vittime predestinate dei più furbi di loro. È il caso dei tanti mariti sciocchi, che vengono regolarmente beffati dalle loro mogli (giornata VII), ma soprattutto di Calandrino, protagonista di una serie di novelle esilaranti per la loro comicità, in cui egli subisce le conseguenze delle loro burle, talvolta crudeli, dei suoi due furbi compari, Bruno e Buffalmacco, veri professionisti nell’arte della beffa. Nel mondo di Boccaccio, in cui si dà un grande valore all’intelligenza e all’astuzia, non c’è nessuna comprensione per chi non possiede queste doti, e il ruolo dello sprovveduto e dello sciocco è solo quello di far ridere i più astuti di lui, che approfittano della sua ingenuità per divertirsi alle sue spalle. Ma il più grande artista della beffa è sicuramente ser Ciappelletto, personaggio della I giornata del Decameron, un perfetto manigoldo che riesce, in punto di morte a farsi passare per una persona virtuosa e irreprensibile dal suo candido e un po’ ingenuo confessore. Ser Ciappelletto, che dopo la morte, sarà addirittura venerato come santo dal popolo credulone, è naturalmente una figura negativa, un malandrino che non esita a farsi beffe addirittura della religione. Ma la sua destrezza nel raccontare menzogne e nel beffarsi del prossimo è così grande, che non può non riscuotere la simpatia dello scrittore, il quale, anche se ne disprezza la condotta, ne ammira l’intelligenza, il sangue freddo e l’abilità.