La gru di Chichibio

(dal racconto di Neifele)

Questa novella dimostra come l’arguzia, unita alla prontezza di spirito, possa salvare, in molti casi, da situazioni imbarazzanti. Chichibio, il cuoco di Corrado Gianfigliazzi, sta cucinando allo spiedo, per ordine del suo signore, una bella gru, quando sopraggiunge Brunetta, la donna di cui è innamorato, e gliene chiede un pezzetto. Il cuoco non riesce a dirle di no, e così spicca una coscia dalla gru, per fargliela assaggiare, ma dovrà fare i conti col suo padrone, che lo minaccia di severe punizioni, se non riuscirà a dimostrargli ciò che lui afferma, convinto, e cioè che le gru hanno una zampa sola. L’impresa è impossibile, ma il povero cuoco, posto di fronte all’evidenza, se ne uscirà con una battuta così spiritosa, da trasformare in riso la rabbia del suo padrone. La nostra simpatia va tutta a Chichibio, naturalmente, ma anche a Corrado Gianfigliazzi, per il suo senso dell’umorismo e dell’ironia, e per la sua capacità di cogliere gli aspetti più divertenti della vita, che rappresentano, per Boccaccio, due doti impareggiabili.

Ciascuna di voi, mie care amiche, avrà certo sentito parlare di quel Corrado Gianfigliazzi, il quale fu un nobile cittadino di Firenze, famoso per la sua generosità che, conducendo vita cavalleresca1, si dilettava in particolare nell’arte della caccia2, per non parlare delle altre sue nobili occupazioni.

1 vita cavalleresca: una vita ispirata alle virtù ideali del provetto cavaliere: coraggio, generosità, abilità, sia nell’arte della guerra sia in quella della caccia.
2 nell’arte della caccia: è la principale occupazione del signore medievale, che vive, come Corrado Gianfigliazzi, secondo i costumi cavallereschi.