Tutte le volte che gli chiedeva perché fosse così geloso, lui le dava risposte evasive, oppure la insultava, soprattutto quand’era ubriaco: «Statti zitta una buona volta e non mi seccare, femmina fastidiosa che non sei altro!», le diceva squadrandola brutto. Aveva voglia, monna Ghita, di pazientare e usar le buone maniere! Con Tofano non c’era niente da fare. Più lei si mostrava amorevole e ubbidiente, più lui faceva il diavolo a quattro: tornava a casa tardi alla sera, si ubriacava e peggio. Finché un bel giorno, stanca di sopportare tutto questo, monna Ghita pensò: «Ora ti aggiusto io!», ed essendosi accorta di un bel giovane che da un po’ di tempo l’aveva adocchiata e la corteggiava con discrezione, cominciò a incontrarsi segretamente con lui. Tofano, sempre ubriaco da mattina a sera, non si accorgeva di nulla, cosicché monna Ghita poteva fare il comodo suo tranquillamente. Quando il marito tornava a casa sbronzo, lei lo incoraggiava a bere ancora di più, finché, vedendolo ubriaco fradicio, lo metteva a dormire, come un bambino, e poteva correre felice dal suo innamorato, che la aspettava trepidante.
Le cose filarono lisce per un po’, finché un brutto giorno Tofano cominciò a insospettirsi: «Come mai Ghita mi incoraggia a bere il vino, mentre lei non ne tocca neanche un goccio? Qui c’è sotto un imbroglio». Sicché, una volta, tornò a casa fingendosi più sbronzo che mai, tanto che la moglie lo accompagnò subito a dormire, senza convincerlo a bere ancora, pensando che non ce ne fosse bisogno. Poi, come tutte le sere, se ne andò felice dal suo innamorato, senza sospettare di nulla. Nel frattempo, Tofano, quando si accorse che la moglie era uscita di casa, chiuse la porta a chiave e si affacciò alla finestra per aspettarla. Il campanile aveva battuto dodici colpi, quand’ecco che monna Ghita tornò e, trovando la porta chiusa a chiave dall’interno, tentò di forzare la serratura: «Vattene e torna da dove sei venuta, brutta donnaccia, perché qua dentro i piedi non li metterai più, statti certa, almeno finché non ti avrò svergognata come meriti davanti ai tuoi fratelli e ai vicini», le urlò dalla finestra.
«Ti supplico, marito mio, fammi entrare. Guarda che non è come pensi: sono andata a vegliare da una vicina, stasera, perciò sono arrivata così tardi».