«Alle guagnele10, maestro, davvero voi stracantate11!».
«Eh, eh!, e ne so tante altre, amico, di canzonette, ma lasciamo andare. Come già dicevo, se mi ammetterete nella vostra brigata, non vi farò certo sfigurare, perché sono ricco, di buona famiglia e possiedo una biblioteca di libri pregiatissimi. Perciò, ti prego con tutto il cuore: metti una buona parola per me, e io ti sarò obbligato in eterno, e se ti ammalerai, ti curerò gratis, senza prenderti un soldo, parola mia!».
«Questo medico è proprio un gran bestione», pensava Bruno fra sé, mentre con il pennello dava gli ultimi ritocchi alle code dei topi. Dopo di che si schiarì un po’ la voce e, fingendo un’ aria seria e compunta, disse: «Maestro mio, voi mi chiedete l’impossibile. Ma, giacché vi voglio bene e vi stimo un grande sapiente, ne parlerò con il mio amico Buffalmacco e vedremo insieme come aiutarvi. Nel frattempo, mi raccomando, acqua in bocca! Posso fidarmi?».
«In fede mia, non lo saprà neanche l’aria», promise il maestro facendo l’atto di giurare. «Bene bene», rispose Bruno e la sera stessa corse da Buffalmacco a riferirgli ogni cosa.
Il giorno dopo i due amici si recarono insieme dal maestro che li ricevette con tutti gli onori e imbandì per loro un pranzo con i fiocchi. «Voi non potete saperlo, cari miei», biascicava con la bocca piena, «ma a Bologna tutti mi stimavano, per la mia sapienza, e non c’era nessuno, dagli studenti ai professori, che non mi onorasse e non apprezzasse la mia compagnia. Volevano persino – figuriamoci! – che io restassi laggiù, per insegnare all’università. Ma io non volli, e preferii tornarmene qui, a Firenze, dove ho terre e ricchezze».
10 Alle guagnele: per il vangelo!
11 stracantate: anche questo è un insulto mascherato da complimento. Maestro Simone crede che Bruno intenda lodare la sua voce, mentre in realtà il verbo stracantate non ha affatto significato positivo: non equivale a «cantate in modo eccellente», ma «non sapete affatto cantare».